Mosca non crede più a Zar Putin La batosta elettorale

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MOSCA — Neanche un arresto e decine di migliaia di manifestanti in pazza a testimoniare in maniera assolutamente pacifica la protesta della Russia per quelle che sono state definite le «elezioni rubate». La più grande dimostrazione di forza dell’opposizione dall’ascesa al potere di Vladimir Putin segna certamente un punto di svolta per il paese. Mentre anche in tantissime altre città  la gente scendeva in piazza a centinaia e a volte a migliaia (con non più di cento arrestati), a Mosca si sono rivissuti i momenti storici seguiti allo scioglimento dell’Urss nel 1991. La polizia, presente in massa, non è mai intervenuta. Nella piazza Bolotnaya, dall’altra parte del fiume rispetto al Cremlino, era stato concordato un assembramento di 30 mila persone, convocate soprattutto attraverso i social network come Facebook e Vkontakte. Le autorità  parlano di 25 mila presenze, mentre gli organizzatori hanno fornito una prima stima di 40 mila, poi salita fino a 100 mila e oltre. Al di là  dei numeri, l’effetto è stato certamente notevole e la protesta sarà  ripetuta già  sabato prossimo o al massimo il 24 dicembre. Ma potrà  avere un qualche sbocco la richiesta di ripetere le elezioni? A Mosca non c’è un Zuccotti Park e non c’è una piazza Tahrir che possano fungere da base logistica della protesta. Inoltre siamo in pieno inverno e se le temperature miti di questi giorni (attorno allo zero, con solo leggere nevicate) hanno aiutato gli organizzatori, a partire dalla seconda metà  di dicembre si prevede l’arrivo del vero Generale Inverno. Ma intanto tutti i gruppi di opposizione si godono il grande successo. Dagli ex nazional-bolscevichi dello scrittore Eduard Limonov (ora trasformatisi in l’Altra Russia) che hanno manifestato separatamente, ai liberali e ai socialdemocratici, fino ai comunisti. Per una volta quasi tutti assieme contro quello che il blogger Aleksej Navalny ha definito con una espressione oramai entrata nel lessico, «il partito dei ladri e dei truffatori». Lo stesso Navalny (in prigione) è intervenuto con una lettera che è stata letta dal palco: «E’ giunto il momento di liberarci delle nostre catene… Abbiamo una voce e abbiamo la forza di farla sentire!». Questa volta il Cremlino sembra aver scelto la strada del dialogo a distanza, anche se il portavoce di Putin ha detto di non avere commenti da riferire. Negli ambienti del potere, però, si parla di «importante espressione di punti di vista differenti». La manifestazione è stata seguita questa volta dai canali tv controllati direttamente o indirettamente dal Cremlino. Fatto che ha pochi precedenti. Ma ci sarà  un vero dialogo? Le opposizioni chiedono di votare nuovamente perché sostengono che il partito Russia Unita, arrivato appena al di sotto della maggioranza assoluta dei suffragi, in realtà  senza i brogli sarebbe poco al di sopra del 25 per cento. E’ assai improbabile che Putin possa accettare l’annullamento delle elezioni del 4 dicembre. Al massimo, dicono gli esperti, ci potrà  essere un nuovo conteggio dei voti in alcune zone particolarmente «sospette», dove sono stati documentati con video i brogli o dove Russia Unita ha avuto percentuali impossibili (Cecenia, più del 99 per cento). Ma questo basterà  agli auto-convocati delle prossime manifestazioni? Fabrizio Dragosei


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