Manovra, Monti chiama i sindacati
ROMA — I conti non tornano. È una corsa contro il tempo, ma i cinque miliardi per alleggerire la manovra su Ici e pensioni ancora non saltano fuori. Governo e parlamento lavorano alla forsennata ricerca di soldi che non ci sono e i partiti confidano che, entro stasera, il premier riesca a sbloccare l’impasse. Alle 20 Mario Monti vedrà a Palazzo Chigi i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl (Camusso, Bonanni, Angeletti e Centrella) per un incontro informale e, prima di allora, i «ritocchi» al decreto resteranno un dilemma. E se nel governo qualcuno ancora coltiva la segreta speranza che i sindacati possano revocare lo sciopero di domani, la Camusso tiene il punto: «Prima di discutere aspettiamo le proposte di Monti, ma al momento non sembra che cambino i contenuti della manovra». Il capo del governo confermerà la gravità della crisi, ribadirà che i saldi non possono variare e la «struttura» del decreto nemmeno. E la leader della Cgil non si fa illusioni, convinta com’è che si troverà davanti «una sfinge». La Camera dei deputati resterà in stand by fino alle 20,30, quando torneranno a riunirsi le commissioni congiunte Bilancio e Finanze, che ieri lavorando sull’ammissibilità degli emendamenti hanno ridotto del 30 per cento la montagna di proposte di modifica: da 1300 a 800 circa. I nodi sono tutti da sciogliere. Dove reperire le risorse per rendere più sopportabile alle famiglie il ritorno dell’Ici sulla prima casa, sotto forma di Imu? Come ammorbidire gli scaglioni della previdenza? È davvero possibile, senza toccare i saldi della manovra, salvare la rivalutazione delle pensioni oltre i 976 euro? Il dilemma non è di facile soluzione e infatti, almeno per ora, dal cilindro dei «tecnici» di Monti il coniglio non è spuntato. Se pure si decidesse di limitare i ritocchi alla prima casa e alle pensioni più basse, toccherebbe trovare qualcosa come cinque miliardi, un quarto della manovra. «È difficile, al momento non ci siamo riusciti», ammette il sottosegretario Giampaolo D’Andrea. Alle sei della sera prende a girare la voce di un possibile inasprimento dell’Irpef. Ma il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, scaccia l’ipotesi più sgradita a Pdl e ceti medi: «Mi sembra altamente improbabile». Si va avanti così, a colpi di ipotesi, verifiche e smentite. Il sottosegretario Vieri Ceriani cerca le coperture con le simulazioni fiscali, ma i cinque miliardi appaiono un miraggio. Un traguardo realistico è trovarne la metà , il che costringerebbe a dimezzare gli sgravi ipotizzati sulla prima casa e non consentirebbe di raggiungere la soglia dei 1400 euro per l’indicizzazione delle pensioni. «Se il ministro Fornero non avesse pianto si poteva anche tirare dritto…», sospira un collaboratore di Giarda. E chissà se è vero che il governo medita di salvare le pensioni ma di chiudere sull’Imu, deludendo Berlusconi. Salvo colpi di scena, a pagare gran parte del conto saranno i cosiddetti «scudati», quei contribuenti che hanno riportato in Italia capitali esportati illegalmente pagando una tassa del 5 per cento. Monti ha previsto un’imposta aggiuntiva dell’1,5 e il tentativo in corso porterebbe a raddoppiarla. Il tempo stringe. Giarda ha avuto un lungo vertice con gli «sherpa» di Pdl, Pd e Terzo Polo e ha detto loro che «i margini di manovra sono strettissimi». Sul metodo c’è condivisione, ma il problema sono i soldi. Far pagare l’Ici alla Chiesa? Lanciare l’asta sulle frequenze tv? Imporre una «vera» patrimoniale? Togliere il tetto alla tassa di bollo sui depositi finanziari? Il problema, spiegano gli addetti ai lavori, è che «Monti vuole entrate certe». Corrado Passera è a Bruxelles e non sarà al vertice con i sindacati, ieri però il ministro dello Sviluppo ha visto i rappresentanti delle Regioni del Sud e ha accelerato su reti e nodi ferroviari. Ma i partiti hanno i nervi tesi. Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, ritiene «irricevibile» che la rivalutazione degli indici catastali sia del 60% per i cittadini e del 20 per le banche: «La Camera cancelli questo scandalo». Entro domani dalla commissione dovrà uscire un testo condiviso e blindato dai relatori, Maurizio Leo (Pdl) e Pierpaolo Baretta (Pd), perché martedì il decreto approderà in Aula. Mercoledì Monti riunirà il Consiglio dei ministri e giovedì si vota. La fiducia è pressoché certa, eppure Giarda non esclude miracoli: «Vedremo…». Monica Guerzoni
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