Carceri, la miccia di Ancona

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Dopo l’isolamento, i detenuti sono stati trasferiti in altri istituti delle Marche. Ma non certo per dare un po’ di respiro ad un carcere che, con i suoi 440 reclusi a fronte di una capienza massima di 178, si colloca al quarto posto, con Catania, nella triste graduatoria del sovraffollamento. Si tratta di extracomunitari, come lo sono il 53% dei detenuti di Montacuto, e maghrebini, come l’uomo che cucendosi giovedì pomeriggio la bocca con ago e filo ha acceso una miccia che potrebbe trasformarsi in detonatore su tutto il territorio italiano. Sindacati divisi Un allarme lanciato dallo stesso sindacato degli agenti che in tenuta antisommossa hanno stroncato venerdì sera la rivolta. O meglio, è un solo sindacato, il Sappe, quello che ha dato per primo la notizia, a denunciare da tempo l’«esplosività » di Montacuto, dove i «detenuti dormono anche per terra, su materassi di fortuna, stipati in quattro in celle da uno». Nega tutto invece la Uil penitenziari che senza mezzi termini accusa i colleghi di «diffondere notizie prive di fondamento» e «alimentare ingiustificati allarmismi», assicurando che «ad Ancona c’è stata una banale protesta di pochi detenuti che si sono limitati a battere le stoviglie sulle grate ed incendiare qualche cartaccia nei corridoi». Eppure lo stesso capo del Dap Franco Ionta non a caso la settimana scorsa aveva visitato a sorpresa Montacuto definendolo «un carcere difficile». E la deputata Radicale Rita Bernardini che sul penitenziario di Ancona ha presentato numerose interrogazioni parlamentari insiste: «Oltre ai problemi che accomunano tutti i carceri riguardo l’illegalità  e la totale assenza dello Stato, a Montacuto c’è sicuramente qualcos’altro che riguarda la gestione dell’istituto stesso. E i sindacati di polizia penitenziaria farebbero bene a fare emergere e ad isolare eventuali ulteriori illegalità  e violenze più volte segnalate».


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