Torino, ultrà  bruciano il campo rom terrore per uno stupro inventato

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TORINO – Ultrà  all’assalto di un campo nomadi abusivo. Bastoni, spranghe e bombe carta. Ma dietro il raid, la rabbia nei confronti degli zingari, c’è uno stupro inventato. Una ragazzina di 16 anni che per paura di confessare a casa quanto accaduto – ha perso la verginità  con un suo coetaneo quando aveva giurato alla nonna che sarebbe arrivata pura al matrimonio – ha chiesto aiuto al fratello più grande. E insieme hanno trovato qualcuno a cui dare la colpa: «Sono stati due zingari, sono loro che mi hanno violentato mentre tornavo a casa». Nel quartiere, alla periferia di Torino, la notizia fa presto a girare di casa in casa. La rabbia cresce: per protestare contro i nomadi si organizza una fiaccolata, pacifica. Ma ieri sera la situazione degenera: dopo un rapido giro per le strade del quartiere un gruppo violento, circa cento persone, si è staccato dalla manifestazione. L’obiettivo? «Dar fuoco agli zingari per vendicare una di loro, una ragazzina». Bombe carta, bastoni, pietre. Sulla strada hanno trovato un nomade e l’hanno picchiato: solo la fuga gli ha evitato il peggio. La rabbia fra i presenti cresceva. Di fronte a una situazione che stava degenerando le forze dell’ordine hanno fatto tutto il possibile per contenere la violenza, dettata dalla sete di vendetta. I carabinieri del Nucleo Investigativo hanno chiuso a tempo record l’indagine sul presunto stupro: un passo importante, che ha portato un punto a favore. È stato infatti il fratello Alessandro, che aveva confermato la storia della violenza – «Li ho visti, erano in due: uno con una felpa grigia, uno con una grossa cicatrice» – a cercare di sedare la rivolta. Dentro il gruppo di violenti sfogava la rabbia dando fuoco a ogni cosa, spaccando vetri, macchine e baracche. Una volta che i carabinieri l’hanno portato di fronte al campo, ha confessato: «Non sono stati gli zingari, ma un italiano. E forse non c’è stata nemmeno violenza. Il cellulare che hanno rubato a mia sorella è in un garage poco lontano da qui». Tutto finto, lo stupro è stato solo una scusa per nascondere un rapporto prima del matrimonio: la famiglia è ossessionata dalla verginità  della ragazza, con frequenti visite da ginecologo. La confessione di Sandra, il nome è di fantasia, arriva poco dopo in caserma: «Nessuno mi ha violentato». In realtà  la violenza c’è stata: oltre venti baracche distrutte con il rischio di provocare una strage, le fiamme a lambire le bombole di gas presenti al campo. E per chi ha guidato il raid i provvedimenti ci sono stati: un ragazzo di 20 anni e un signore di 59 sono stati arrestati dai carabinieri per danneggiamento aggravato. Altre venti persone sono state identificate, anche per gli scontri che si sono verificati dopo il raid. Il sindaco di Torino, Piero Fassino, è preoccupato: «No ai linciaggi e a chi vuole far prevalere odio e violenza. È compito della magistratura accertare cosa sia effettivamente avvenuto nella vicenda di Sandra. E’ inaccettabile che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei confronti di persone estranee ai fatti con la sola ragione che sono cittadini stranieri. Torino è una citta civile. È dovere della nostra comunità  respingere chi vorrebbe precipitare la vita della nostra città  nell’odio e nella violenza».


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