Il drone Usa ricompare a Tehran

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Il Pentagono aveva riconosciuto di aver perso i contatti. Una pericolosa escalation nelle «covert actions» e nella «covert war» fra Stati uniti, Israele e Gran Bretagna da una parte e la Repubblica islamica dall’altra. Mentre a Washington i vecchi falchi neo-con soffiano sul fuoco Caduto o abbattuto? In ogni caso un brutto colpo per gli Usa e un bel colpo per l’Iran. La tv iraniana ha mostrato ieri il drone che di cui Tehran aveva annunciato l’abbattimento domenica scorsa mentre volava vicino al confine con l’Afghanistan. Le immagini mostravno personale militare iraniano mentre ispezionava l’aereo, quasi intatto. Il tipo di drone, RQ170, conosciuto come «Sentinel», è molto sofisticato e quelli del Pentagono, che avevano riconosciuto di aver perso i contatti con il drone impegnato in azioni nei cieli afghani di guerra, sembra siano piuttosto preoccupati della possibilità  offerta agli iraniani di carpire i segreti tecnologici racchiusi nell’apparecchio precipitato o abbattuto. Dal punto di vista diplomatico, il ministero degli esteri iraniano ha chiesto all’ambasciata svizzera a Tehran – che, in assenza di rapporti diplomatici diretti, cura gli interessi degli Usa – di manifestare «la protesta più forte per l’invasione di un drone-spia americano nel suo spazio aereo».
Sul drone per il momento è tutto, in attesa del prossimo round. Ma la storia dell’aereo senza pilota caduto o abbattuto sui cieli iraniani rafforza l’idea, sostenuta da diversi analisti, che in realtà  la guerra con l’Iran, sempre data come possibile ma futura per fermare il programma nucleare iraniano, sia già  cominciata. Una «guerra coperta», per il momento, ma una guerra.
Qualcuno ha notato che quella stessa domenica 4 dicembre in cui gli iraniani hanno annunciato «l’abbattimento» del drone Usa, un minibus davanti all’ambasciata britannica del Bahrain è saltato in aria danneggiando l’edificio. Il 29 novembre, qualche decina o centinaia di «studenti» avevano fatto irruzione nell’ambasciata britannica di Tehran, saccheggiandola, e viene difficile pensare che l’abbiano fatto senza almeno l’acquiescenza delle – o di alcune – autorità  iraniane. Prima ancora, in ottobre, l’amministrazione Obama aveva denunciato uno strambo (e stupidissimo, se vero) complotto iraniano per uccidere l’ambasciatore saudita a Washington, poi era arrivata notizia di misteriose esplosioni in un deposito d’armi, o di missili secondo l’intelligence occidentale, in Iran (un «incidente» stando alla versione iraniana, un’azione del Mossad israeliano, stando alle voci fatte filtrare a bella posta). Ancor prima, in settembre, il capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, Fereydoun Abbasi-Davani (già  rimasto ferito nel 2010 mell’esplosione di un auto-bomba) aveva accusato apertamente Israele, Usa e Gran Bretagna di organizzare attentati contro di lui «e altri scienziati iraniani». Un quadro che assomoglia sempre di più all’escalation di una guerra coperta contro l’Iran. «Covert actions» che prevedono attentati agli impianti iraniani, l’assassinio e il sequestro di scienziati o anche l’impiego dell’arma cibernetica (il caso del misterioso virus da computer Stuxnet, un super-sofisticato programma che potrebbe aver causato l’auto-distruzione del programma iraniano per l’arricchimento dell’uranio e il collasso di un migliaio di centrifughe). «Covert war» che difficilmente, come le sanzioni economiche sempre più dure, convincerà  l’Iran a fermare il suo programma nucleare e che quindi non esclude affatto il passaggio a una guerra aperta. C’è chi ricorda che anche l’attacco israeliano al reattore iracheno di Osirak, nel 1981, fu preceduto da «covert actions» e «covert war», quali i tentativi di assassinare scienziati iracheni. Ora a quanto si sa l’Iran sta cercando di salvaguare i suoi scienziati nucleari, come Moshen Fakrizadeh, «l’Oppenheimer del progamma nucleare iraniano», nascondendoli in luoghi sicuri e in impianti piantati sempre più a fondo siottoterra.
Per ora la guerra mossa da Israele, Usa e Gran Bretagna è solo «covert», ma i rischi che diventi reale ci sono tutti. Non sono solo gli israeliani a premere. Negli Usa i vecchi falchi neo-con che ebbero un ruolo di primo piano nelle guerra contro l’Afghanistan dopo l’11 settembre 2001 e contro l’Iraq di Saddam nel 2003, sono in piena azione. A guidare la carica è la Foreing Policy Initiative, il successore ideologico del Project for the New American Century. «La diplomazia non è una risposta adeguata: è tempo dell’azione militare contro il governo iraniano che appoggia il terrorismo e contro il suo programma nucleare», scriveva Jamie Fly, direttore della Fpi solo pochi giorni fa.


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