“Gli Usa fomentano le proteste” Putin all’attacco sui brogli in Russia
Mosca – Davanti alle proteste che crescono incontrollabili tra piazze vere e virtuali, Vladimir Putin ha un incubo che lo tormenta. E non si tratta della cosiddetta Primavera araba ma è una vicenda un po’ più lontana nel tempo e assai più simile a quello che sta capitando in Russia in questi giorni: è la rivolta ucraina del 2004 quando una folla si impossessò della piazza principale di Kiev chiedendo di rifare le elezioni platealmente truccate. Era la cosiddetta rivoluzione arancione, mitizzata in Occidente e sostenuta con forza da Washington. Proprio per questo, ieri mattina, il premier russo ha deciso di lanciare un segnale preciso agli Stati Uniti, e a Hillary Clinton in particolare, accusandoli di «aver speculato sulle denunce di irregolarità nel voto» e di aver così «fomentato le proteste».
Sin dai tempi di Stalin, l’America è l’arma segreta ideale per distogliere il pensiero della gente dai problemi interni. Risveglia l’amor patriottico dei russi, bolla come “venduti alle potenze straniere” ogni tipo di dissidente. Ma il riferimento di ieri è assai più specifico e, per evitare fraintendimenti, Putin ha rimarcato nel finale: «Difenderemo la nostra sovranità , non finirà come a Kiev».
Anche la gelida risposta della Segretario di Stato Usa è stata, a sua volta, carica di messaggi cifrati: «Le mie critiche sono fondate. Sosteniamo i diritti e le aspirazioni del popolo russo e vogliamo aiutarlo ad avere un futuro migliore». Che significa: i brogli ci sono stati e se ci sarà da appoggiare qualche dissidente non ci tireremo indietro.
E l’incubo ucraino continua ad aleggiare negli uffici del premier che guardano la Moscova. Nonostante gli arresti dei principali leader d’opposizione e lo schieramento massiccio di forze speciali per le strade di Mosca, il passaparola che invita a riempire sabato pomeriggio la Piazza della Rivoluzione ai piedi del Cremlino, continua incessante. Secondo gli organizzatori ci sarebbero già trentamila adesioni. Roba da polverizzare il record degli ultimi vent’anni stabilito lunedì sera con ottomila presenze. La preoccupazione è alta. Da entrambe le parti. I manifestanti temono le provocazioni della polizia e giudicano come un cupo segnale l’arrivo in città del cosiddetto “battaglione ceceno”, un gruppo di agenti addestrati nella caccia all’uomo e abilissimi nel costruire incidenti che autorizzino un’adeguata repressione. Nell’ufficio del premier si teme più o meno la stessa cosa: che la polizia possa esagerare, che gli oppositori possano diventare delle vittime agli occhi del mondo. Nello staff di Putin, sembrano aver riguadagnato spazio i consiglieri della linea morbida. Non a caso ieri Putin ha perfino ammesso che «rispettando le leggi, manifestare è un diritto di tutti». E sempre sulla stessa linea, il sindaco di Mosca ha cominciato a trattare alla pari con gli oppositori proponendo di usare piazze alternative a quella della Rivoluzione, troppo vicina al Cremlino.
Qualcosa nell’immagine e nei comportamenti bisogna pur cambiare. Per questo, citando volutamente i più duri contestatori sul web, il consigliere del premier Dmitri Peskhov ha annunciato presto un “Putin 2.0”. Contemporaneamente Putin ha affidato a un popolare regista cinematografico come Stanislav Govorukhin la direzione della campagna presidenziale di marzo, che si annuncia meno arrogante e più moderna del passato. Vaghi segnali di cambiamento, nella speranza che la piazza si plachi. Intanto sul web, anche nei siti sportivi e perfino in quelli di gossip, continua il tormentone: «Sabato in piazza. Portatevi un nastro bianco».
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