GUERRE E MASSACRI I CONTI DELLA STORIA
E c’è riuscito nel migliore dei modi, perché non soltanto in un volumone che Ponte alle Grazie pubblica in questi giorni, egli fa parlare le cifre, ma perché riesce a dare a esse quel contenuto umano che rende appassionante la storia, anche nei suoi aspetti più assurdi e feroci (Matthew White, Il libro nero dell’umanità . La cronaca e i numeri delle cento peggiori atrocità della storia, pp. 867, 23,50)
Chiuso il singolare libro, rimane lo sgomento per la quantità di morti ammazzati da quando semplici testimoni, cronisti e storici hanno cominciato a lasciarne traccia. Il totale, secondo i calcoli del bibliotecario americano, fa 455 milioni di vittime. Il che equivale (sbizzarriamoci pure con i conteggi) a oltre mezzo milione di esseri umani uccisi per ogni pagina del suo libro. Si parte con la seconda guerra persiana (480-479 a. C.: 300 mila morti) e si arriva alla seconda guerra del Congo (1998-2002: 3,8 milioni di morti).
Non c’è lo spazio, qui, per elencare i cento massacri più sanguinosi della storia. Ne riportiamo qualcuno. Al primo posto nella classifica c’è la Seconda guerra mondiale con 66 milioni di morti (Olocausto incluso); all’undicesimo la Prima guerra mondiale con 15 milioni di morti. Saltiamo alle Crociate (1095-1291), al trentesimo posto con 3 milioni di vittime; al sessantacinquesimo, la Guerra civile americana (1861-1865) con 695 mila morti; al novantunesimo, la Guerra civile spagnola (1936-1939) con 365 mila morti. Naturalmente nel conteggio non ci sono soltanto le guerre, ma anche la tratta degli schiavi, i sacrifici umani, i combattimenti tra gladiatori (ben tre milioni e mezzo di morti dal 264 a. C. al 435 d. C.), le carestie provocate, e così via.
Ciascuna delle atrocità poste in classifica è inquadrata in uno specifico capitolo in cui vengono raccontati, a volte con troppo ostentata disinvoltura (forse questo è l’unico difetto del libro) i fatti con i relativi antefatti e le tante casualità , crudeltà e stupidità di cui, soprattutto le guerre, sono portatrici. E nelle guerre la maggior parte delle vittime sono civili. Lo dicono i numeri: del quasi mezzo miliardo di esseri umani uccisi nei cento massacri più rilevanti, 315 milioni dipendono dalle guerre, che assommano 49 milioni di soldati uccisi contro i 266 milioni di civili. La media dei civili morti durante le guerre è dell’85 per cento.
Non giudica, Matthew White, e non fa filosofia: racconta. Sarebbe interessante sapere, scrive infatti, «perché uccidere in battaglia tremila coscritti adolescenti sia moralmente accettabile, mentre fucilare una mezza dozzina di agitatori politici in carcere non lo è, oppure perché sparare su alcune decine di prigionieri di guerra sia illecito, mentre bombardare diecimila civili, no». In questi casi i numeri non danno risposte, trasmettono soltanto desolazione. E poi vale quanto avrebbe detto Iosif Stalin: «La morte di un uomo è una tragedia, un milione di morti è statistica».
Nel dare forma aritmetica a quello che nel libro è definito «emoclisma» (dal greco, «inondazione di sangue»), l’autore mostra le molte pagine della storia rimaste bianche o inattendibili. È il caso della guerra di Troia, la quale secondo il superstite Darete fece in totale un milione e mezzo di morti tra greci e troiani, mentre dalle ricerche archeologiche non è stato mai accertato che in quel luogo sia stata combattuta una così terribile guerra. Millenni dopo, un discorso quasi analogo si può fare per la guerra in Iraq. C’è chi sostiene che essa ha provocato la morte di oltre 600 mila iracheni, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità stima che le vittime siano state circa 150 mila. Pericoloso, questo libro, perché spinge ad appassionarsi a simili conteggi.
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