Pil in calo, il conto della manovra sale

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ROMA — La verifica tecnica sui conti pubblici (due diligence) che il presidente del Consiglio, Mario Monti, conduce a tappe forzate insieme col direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, sta facendo emergere un quadro preoccupante, a causa dell’aggravarsi della crisi economica. Tutti i principali analisti economici e le banche d’affari danno ormai il Prodotto interno lordo italiano in calo nel 2012, minimo dello 0,3-0,4%, contro il +0,1% previsto dalle ultime stime della Commissione europea. Anche la Confindustria sta aggiornando le proprie stime e mentre a settembre prevedeva un Pil in aumento dello 0,2% il prossimo anno, adesso correggerà  il dato, nel segno della recessione. Pure a Bruxelles, riservatamente, si stanno rifacendo i conti, con la conseguenza che la distanza per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, come Monti si è impegnato a fare, aumenta.
Non basterebbe più una correzione pari a 1,2 punti del Pil (18 miliardi di euro), ma il conto salirebbe di almeno mezzo punto, cioè di altri 7-8 miliardi. E si arriva così a 25 miliardi di euro necessari in due anni. A questi bisogna però aggiungere il maggior onere per gli interessi sul debito pubblico, dovuto al brusco aumento dei tassi. Nel 2012 ci saranno ben 400 miliardi di euro di titoli di Stato da rinnovare. Ogni punto in più di interessi che si paga vale 4 miliardi di euro. I livelli attuali dei tassi sono superiori di 3-4 punti rispetto a quanto previsto nella nota di aggiornamento del Def licenziata dal governo Berlusconi il 22 settembre scorso. Certo, si può sempre scontare che l’effetto della manovra sui mercati ridurrà  lo spread, ma bisognerà  comunque far fronte a una maggiore spesa per oneri sul debito rispetto agli 85,8 miliardi di euro previsti nel Def, anche se è difficile dire di quanto. Stando così le cose, i tecnici più pessimisti osservano che per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 potrebbe essere necessaria una manovra da 40 miliardi di euro in due anni. Una stangata che Monti vorrebbe evitare per non deprimere ulteriormente l’economia. Di qui le difficili trattative in corso con la Commissione europea affinché nell’aggiustamento di conti si possa ottenere uno «sconto», considerando il ciclo economico avverso.
Il quadro preoccupante spiega comunque le pesanti ipotesi sulle quali il premier e i ministri stanno lavorando in vista del pacchetto di misure che saranno approvate dal governo entro lunedì 5 dicembre. Dal blocco della perequazione delle pensioni (l’adeguamento al costo della vita che scatta ogni gennaio), che potrebbe dare 3-4 miliardi, escludendo dalla penalizzazione le pensioni più basse, a un nuovo aumento dell’Iva, che toccherebbe l’aliquota del 10%, forse anche quella già  portata al 21% da Berlusconi e non si può escludere neppure quella del 4%, considerando che essa rappresenta un’eccezione rispetto alle direttive Ue che fissano un minimo del 5%. Un punto sulle aliquote del 10 e del 21% darebbe un gettito aggiuntivo di circa 8 miliardi. Tra l’altro va ricordato che l’aumento delle aliquote Iva è una delle carte di riserva che il precedente governo ha previsto nel caso in cui non verranno realizzati i 20 miliardi di euro di risparmi (4 nel 2012 e 16 nel 2013) dalla delega sulla riforma dell’assistenza. Almeno altri 5 miliardi potrebbero arrivare dall’aumento delle tasse sulla casa allo studio del Tesoro: Ici e rivalutazione delle rendite catastali. Solo da queste tre misure strutturali (pensioni, Iva e casa) si potrebbero quindi ricavare 15-20 miliardi l’anno, 30-40 miliardi nel biennio 2012-2013. Dai quali bisognerebbe però togliere gli sgravi fiscali per rilanciare l’economia.
Accanto ai provvedimenti per il «rigore» Monti presenterà  infatti anche quelli per la «crescita» e per «l’equità », secondo quanto promesso in Parlamento. La crescita farà  leva su una riduzione di qualche punto del cuneo fiscale a carico delle imprese, che potrebbero beneficiare di un’Irap più leggera, togliendo dalla base imponibile parte del costo del lavoro. Confindustria, Rete imprese Italia, Alleanza delle cooperative, Abi e Ania avevano chiesto al governo Berlusconi uno sconto di 6 miliardi di euro. Altre misure allo studio per la crescita sono: l’introduzione dell’Ace (Allowance for corporate equity), in pratica degli sgravi sull’Ires per favorire la patrimonializzazione delle imprese; incentivi al project financing per promuovere la partecipazione dei capitali privati alla realizzazione e alla gestione delle infrastrutture; liberalizzazioni dei servizi pubblici locali, delle professioni, degli orari dei negozi; semplificazioni delle norme e delle procedure amministrative; dismissioni immobiliari.
Nel segno dell’equità , infine, le misure di lotta all’evasione e al sommerso, con l’abbassamento del tetto all’uso del contante; l’introduzione della riforma delle pensioni messa a punto dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero (contributivo pro rata per tutti e armonizzazione di tutti i regimi privilegiati alle regole generali dell’Inps); i tagli ai costi della politica (auto blu, consulenze, enti inutili) e forse una mini patrimoniale temporanea sulle ricchezze superiori al milione di euro.


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