DEMOCRAZIA IN CAMPO

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Il Forum dei movimenti per l’acqua che convoca la manifestazione di oggi spiega bene questo silenzio: «Governo e Confindustria, poteri finanziari e lobbies territoriali, visto che il popolo ha votato contro di loro, hanno deciso di abolire il popolo, con una nuova e gigantesca espropriazione di democrazia».
Abbiamo un nuovo governo, in Italia, approvato dal novanta per cento del parlamento. Il presidente del consiglio non ha trovato parole da indirizzare ai ventisette milioni di sì, non ha fatto neppure un cenno di riconoscimento nei loro confronti, un saluto, non ha citato l’esistenza di problemi ambientali. Un suo ministro, preposto proprio a quel tema, è inciampato sul nucleare, come se non sapesse che la maggioranza delle persone non ne vuole sapere. Sarà  lui a rappresentare il paese a Durban in Sudafrica, dove tra pochi giorni il pianeta discuterà  su come sopravvivere al disastro ambientale? Sarà  lui a rappresentarci a Marsiglia, in marzo, quando si parlerà  di acqua al sesto Forum idrico delle multinazionali? Cosa ne sanno costoro, vecchi e nuovi governanti, di acqua, se non che è roba che il mercato predilige e che si può vendere ad alto prezzo, facendo cassa? A Marsiglia, dentro e fuori il Forum dei padroni e il contemporaneo Forum alternativo dei popoli, sarà  il referendum italiano a fare da protagonista. Tutti chiederanno come abbiamo fatto, cosa ci proponiamo; molti vorranno discutere, imparare da noi. Racconteremo di un movimento o meglio di mille movimenti, di persone che hanno imparato e insegnato nello stesso tempo, a fare la politica, a raccogliere le firme, a parlare, a cantare e ballare per l’acqua, con generosità  e con fiducia nel buon diritto (e nel buon movimento).
Per tenere vivo questo impegno, il Forum lancia oggi, dalla manifestazione romana, la sua proposta di «obbedienza civile». Con un po’ di ironia – uno scherzo gentile per coloro che conoscono le durezze della «disobbedienza civile» – si propone di far rispettare il diritto nato dal referendum, cominciando dal non applicare i balzelli che esso ha abrogato.
E’sempre la democrazia del referendum in campo, quella che nessuno ha pensato di consultare. Il nostro ceto politico, o chi lo rappresenta, o lo rappresentava, o lo rappresenterà , è talmente spaventato dallo spread da non vedere che il paese sta crollando, dalla Liguria alla Sicilia. Dice di non avere i quattrini per prevenire, per riparare. Potrebbe almeno rivolgersi a quei 27 milioni di persone che nell’acqua, quella buona come quella cattiva, hanno imparato ad affondare i piedi e le mani.


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Mentre lo spread cala, la crisi avanza, crescono disoccupazione e allarme sociale, ma a certe cose non si rinuncia: tatuaggi, cibi esotici, yacht, porti turistici e altri generi di prima necessità. E se qualcosa non funziona nel Bel Paese, non può che essere una fatalità. Che cosa di più “fatale” dell’erosione delle coste? E che colpa ne abbiamo, noi?

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