Da Milanese agli uomini di An e Udc le mani dei politici sul bancomat-Enav
ROMA – Un bancomat per la politica. I subappalti dell’Enav sono stati sempre questo. Soldi pubblici trasformati in tangenti private.
Un circuito senza controllo perché la ferrea lottizzazione del consiglio di amministrazione dell’ente di assistenza al volo serviva solo a regolare il traffico: dagli appalti, ovviamente senza gara, ai partiti. Era un sistema strutturato, oliato, sfacciato. Tangentizio. A ciascuno la sua prebenda, la sua azienda «affiliata», le sue fondazioni da foraggiare. Ma soprattutto ad alcuni. Perché l’Enav è sempre stato un feudo dell’Udc in condominio con un pezzo della destra dell’ex Alleanza nazionale, riconducibile alle correnti di Altero Matteoli, ministro dei Trasporti nell’ultimo governo Berlusconi, e a quelle della Destra sociale di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, e Francesco Storace, già ministro della Salute e governatore del Lazio.
È il partito di Pier Ferdinando Casini, comunque, il riconosciuto azionista di riferimento dell’Enav.
In quota Udc è stato nominato nel 2003 l’amministratore delegato Guido Pugliesi, già alla Stet e poi alla guida, con risultati chiacchierati, della mega azienda ospedaliera romana del San Camillo. Lì l’aveva messo Storace.
Pugliesi da ieri è agli arresti domiciliari. Casini ha detto di avere fiducia nella magistratura ma anche nel suo segretario amministrativo Giuseppe, detto «Pippo», Naro, accusato dagli inquirenti di finanziamento illecito ai partiti. Come ai tempi di Tangentopoli. Ma come allora non è questione di mariuoli o di mele marce. Dietro c’è un sistema. «Non mi sorprende affatto la svolta nelle indagini», dice Linda Lanzillotta, deputata del Pd che dal 2003 al 2006 sedette nel cda dell’Enav. «Quelle cose le ho sempre denunciate. Più volte Pugliesi ha cercato di fare pressioni perché la smettessi di rompere la scatole. Si accorse che era una missione impossibile. Ora la magistratura sta scoperchiando quello che era chiaro da sempre».
Secondo la testimonianza dell’imprenditore Tommaso Di Lernia un giro impressionante di euro: un miliardo e mezzo tra il 2004 e il 2009. Tutti pubblici perché tutto girava intorno agli appalti e ai subappalti per la manutenzione degli apparati per il controllo del traffico aereo. Roba delicata con in gioco anche il tema della difesa nazionale. Da qui la possibilità di ricorrere alle assegnazioni senza gara e, dunque, senza trasparenza e sostanzialmente controlli. Da qui il filo che conduce alla Selex Sistemi Integrati, società controllata dalla Finmeccanica (il cui 32 per cento è in mano al Tesoro) e guidata dall’ingegner Marina Grossi, moglie di Pier Francesco Guarguaglini, presidente da quasi dieci anni della holding pubblica, entrambi indagati. Come da ieri è indagato per finanziamento illecito ai partiti anche l’ex potente uomo delle relazioni esterne di Piazza Monte Grappa, Lorenzo Borgogni.E ancora, tutti legati a quel Lorenzo Cola, consulente di Finmeccanica aduso a regalare Rolex (lo fece anche con Guarguaglini) e ben conosciuto agli inquirenti romani per via, tra l’altro, di un suo coinvolgimento nell’indagine Fastweb-Telecom Sparkle sul megariciclaggio da due miliardi di euro. E da Cola si arriva fino a quel Gennaro Mokbel, che mirava alla Digint (posseduta per il 49 per cento dalla Finmeccanica), fortemente legato alla destra estrema della Capitale e tanto potente da far eleggere un suo uomo (Nicola Di Girolamo) al Senato.
Ecco, la destra. L’altra metà del vertice dell’Enav. Perché se l’ad viene espresso dai centristi dell’Udc, il presidente appartiene agli ex di Alleanza nazionale. Oggi è Luigi Martini, già calciatore della Lazio e poi parlamentare per la destra. Anche lui è indagato. Come Fabrizio Testa (l’accusa è quella di finanziamento illecito ai partiti e corruzione), uomo assai vicino alla Destra sociale di Alemanno. Testa è stato membro del consiglio di amministrazione dell’Enav. Entrò in collisione con Pugliesi, votava spesso contro le delibere. Un ostruzionismo che gli è servito a guadagnare una promozione: la presidenza della Techno Sky, società controllata dall’Enav. Lo sosteneva (in cambio di una tangente, secondo l’accusa) il deputato del Pdl Marco Milanese, plurindagato e scampato a una richiesta di arresto grazie al voto contrario della Camera, ex consigliere politico dell’ex superministro dell’Economia Giulio Tremonti. Una ragnatela fittissima tra politici e affaristi con uno scopo: spartirsi un bottino tutto pubblico, senza nemmeno il rischio di impresa.
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