Monti va al Colle con la lista “Ora ho il consenso dei partiti tutti disposti a fare sacrifici”

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ROMA – Arriva il giorno di Mario Monti. Alle 11 il premier incaricato salirà  al Quirinale per sciogliere la riserva e accettare l’incarico conferitogli domenica da Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio il giuramento. Un passo che il presidente della Bocconi si accinge a compiere dopo due giorni di consultazioni («gestazione») con partiti e parti sociali. Se lunedì aveva chiesto a Pd e Pdl pieno sostegno e mandato fino alla scadenza della legislatura (primavera 2013), ieri è passato all’incasso. Lo dimostra una frase che pronuncia negli ultimi incontri riservati del pomeriggio: «Ora posso dire di avere il consenso dei partiti e accettare questo gravoso incarico». Eppure Monti sceglie di rinviare ad oggi la salita al Colle per limare la lista dei ministri arenata su qualche nome tecnico e sulla possibilità  (ormai sfumata) di avere al governo Gianni Letta e Giuliano Amato.
In serata, per il secondo giorno consecutivo, incontra la stampa. «Nelle prossime ore metterò a punto gli aspetti di un quadro già  ben delineato e domani mattina (oggi, ndr) rappresenterò al Capo dello Stato le conclusioni del mio lavoro». Monti non può ancora dirlo (lo impone il garbo istituzionale verso Napolitano), ma accetterà  l’incarico. Poi – rivolgendosi ai mercati in drammatica pressione sull’Italia – conferma la «convinzione nelle capacità  del Paese di superare una fase così difficile». Sempre con un occhio a borse e spread, si dice «colpito dal senso di volontà  e responsabilità  di dare risposte efficaci per gettare le basi di una crescita economica, sociale e civile stabile e duratura». E ancora, in tutti ha riscontrato «la piena consapevolezza dell’attuale emergenza» ed è stato colpito da come durante le consultazioni «tutti hanno offerto contributi di possibili sacrifici parziali in vista di un risultato positivo più generale». Per questo parla di «convinta e motivata fiducia nella solidità  delle istituzioni e della partecipazione della società  civile».
In mattinata Monti riceve Pd e Pdl. Bersani dà  il suo sostegno «a un governo di autorevole e forte caratura tecnica per sostenere meglio Monti». Peccato che il Professore preferirebbe avere dei politici che rinforzino la squadra. Un’ora dopo sarà  il turno di Alfano, che (pur ponendo limiti al programma) dà  il disco verde del Pdl alla nascita dell’esecutivo Monti. Nel pomeriggio, dopo l’incontro con il futuro premier, la numero uno di Confindustria Emma Marcegaglia parlerà  di «ultima chance per tornare ad essere credibili». Ma il nodo da sciogliere resta quello di Letta e Amato. Monti ne parla a pranzo con Napolitano, mentre il tema getta la politica in un vero e proprio psicodramma. Prima fonti del Pd indicano il via libera all’ingresso del braccio destro di Berlusconi, ma poco dopo gli uomini di Bersani smentiscono. Il Pdl resta fermo sulla sua posizione: se entra Amato entra anche Letta. Di questo parlano lo stesso Letta, Fini e Casini alla Camera. Pubblicamente Alfano rivolge «un consiglio» a Monti: «So che lui condivide quanto sto per dire, al suo posto non mi priverei di Letta». Come dire, è il Pd a bloccare tutto. I partiti trattano, girano le ipotesi più disparate (come futuri sottosegretari politici) sulla struttura del governo fino a quando Rosy Bindi sembra dare la notizia: «Il Pd non ha pregiudiziali». Poi la retromarcia: «Ma ci sono persone che più di altre rappresentano la continuità » con Berlusconi. Tutto fermo e trattative che proseguono (ma ormai il tandem Amato-Letta sfuma) mentre Monti, dopo cena, va a Palazzo Venezia a visitare la mostra sul Caravaggio.


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