L’ultimatum di Monti ai partiti “Appoggio convinto o rinuncio”

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ROMA – Pieno sostegno dei partiti e nessuna scadenza temporale all’azione del governo, la cui prospettiva di partenza dovrà  essere quella di arrivare a fine legislatura, ovvero alla primavera del 2013. Sono questi i paletti che Mario Monti fissa al termine della prima giornata di consultazioni con le forze politiche. Nel nome della trasparenza il premier incaricato fissa una conferenza stampa a ora di cena, utile a far chiarezza sulle indiscrezioni filtrate tutto il giorno dal salottino di Palazzo Giustiniani dove, a pochi passi dal suo ufficio da senatore a vita, ascolta le richieste dei partiti.
Il presidente della Bocconi usa il fioretto ma non rinuncia agli aut aut, consapevole che il compito che lo aspetta – salvare l’Italia dalla furia dei mercati aizzati da Berlusconi – non sarà  facile e che le misure che dovrà  prendere non saranno leggere. Lo conferma quando gli chiedono se sia vero che ai partiti abbia annunciato di lacrime e sangue: «Non ho usato questa espressione, ma di sacrifici ho parlato». Monti però non scende nello specifico delle misure che adotterà , tanto che considera «prematuro» confermare la necessità  di una manovra correttiva da 25 miliardi.
Da un lato il Professore ridimensiona la presenza dei politici nel suo esecutivo, senza i quali andrebbe comunque avanti («non vorrei drammatizzare la questione, è un desiderio»). Dall’altro, però, dice che senza un convinto sostegno dei partiti che lo appoggeranno non accetterà  l’incarico conferitogli da Napolitano: «L’importante comunque è che diano un appoggio senza il quale non mi accingerei neanche al compito, presenza o no dei loro rappresentanti nel governo». La seconda condizione che Monti pone per sciogliere la riserva di fronte al Capo dello Stato è che il suo non sia governo a scadenza: posto che sta nelle cose che in qualsiasi momento potrebbe perdere la fiducia del Parlamento, «se però venisse prefissata una data al di qua dell’orizzonte fissato di fine legislatura, questo toglierebbe credibilità  al governo e non lo accetterei».
Sono dunque questi punti intorno ai quali ruotano le trattative tra Monti e partiti, Pdl e Pd in particolare. Due condizioni per «far sì che la politica trasformi questo momento difficile in un’opportunità  per il Paese di rilancio e speranza non solo per l’economia, ma anche per i valori fondanti di una vera comunità ». E ancora: «Sempre più nel mondo si considera come misura di sviluppo la coesione e la capacità  di convivenza civile». Per questo alla politica chiede «una fase di distensione che consenta di guardare più in alto» rispetto alle polemiche urlate degli ultimi anni.
Ieri Monti ha visto il Terzo Polo («sì al suo governo senza se e senza ma»), i Radicali («pieno sostegno»), l’Idv di Antonio Di Pietro («voto condizionato a squadra e programma»), Forza del Sud di Miccichè («equità  tra Nord e Sud»), Fareitalia di Urso e Ronchi («solo tecnici nel governo»), i Responsabili e i gruppi minori. Non si presenta Bossi, che resta a Milano per riaprire il Parlamento del Nord e chiama il Professore per ribadirgli che andrà  all’opposizione, salvo decidere come votare sui singoli provvedimento. Ma lo scoglio restano Pd e Pdl, che Monti vedrà  oggi per convincerli ad entrare direttamente al governo e dissuadere il Pdl dal chiedere le elezioni anticipate nel 2012.
Intanto le borse e il differenziale sembrano avere dimenticato la capacità  taumaturgica di Monti nel placarli, come successo negli ultimi giorni della scorsa settimana. Ma il Professore non si scompone e chiede un po’ di pazienza prima della formazione del suo governo: «Agiamo in democrazia e sono necessari determinati tempi», d’altra parte «sono sicuro che i mercati avranno pazienza temperata con la razionalità ». Oggi a Palazzo Giustiniani la seconda giornata di consultazioni. Oltre a Pd e Pdl incontrerà  le parti sociali e, novità , i rappresentanti di donne e giovani.


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