Fiat, ultimi giorni a Termini. Il futuro è un rebus

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TORINO – Quarantun anni dopo la sua nascita e trenta mesi dopo l’annuncio della chiusura, la Fiat di Termini Imerese cesserà  la produzione il 23 novembre. L’annuncio è arrivato ieri da Torino a sancire una morte prevista da tempo anche se non è ancora ben chiaro il destino dell’area industriale siciliana. «Quel che stupisce – ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso a Palermo per una manifestazione delle tute blu Fiat – non è tanto l’annuncio della chiusura quanto l’incertezza sul futuro dello stabilimento». Il destino della fabbrica dovrebbe essere deciso domani in una riunione al ministero dello sviluppo economico con la Fiat e i sindacati. Sul tavolo le condizioni per il passaggio della produzione alla Dr del concessionario molisano Massimo Di Risio che ha promesso di realizzare in Sicilia alcuni modelli occupando tutti i 1.500 dipendenti dello stabilimento che la Fiat intende dismettere. Nella riunione di domani si capirà  anche se la Fiom accetterà  di firmare l’accordo sul progetto di Di Risio dopo che nei gironi scorsi l’organizzazione di Landini aveva chiesto chiarimenti sugli impegni del Lingotto e del nuovo proprietario. Fim, Uilm e Fismic avevano già  accettato l’intesa.
E’ comunque un fatto che Marchionne avesse annunciato il disimpegno della Fiat quasi tre anni fa e che al termine di un lungo e travagliato iter al ministero dello sviluppo economico si arrivi all’appuntamento senza particolari certezze. Di Risio è l’ultimo cavaliere bianco a farsi avanti dopo che sono state scartate svariate ipotesi nonostante l’impegno della Regione Sicilia e dello stesso governo nazionale a mettere sul piatto centinaia di milioni di euro.
Per una storia che si chiude, un’altra che torna in bilico. Millecinquecento chilometri a nord di Termini Imerese torna in forse l’investimento della Fiat alla ex Bertone di Grugliasco. Investimento che Sergio Marchionne ha confermato più volte ma che ora la sua delegazione alle trattative vorrebbe subordinare all’impegno della Fiom a non avviare cause legali contro gli accordi separati. Ieri, all’incontro per il rinnovo della cassa integrazione per la ristrutturazione dello stabilimento, lo scontro è stato comunque evitato o, in ogni caso, rinviato di 48 ore. Alla ex Bertone, dove la Fiom ha 700 iscritti su circa 1.000 dipendenti, i metalmeccanici di Landini hanno scelto di votare sì al referendum sull’estensione dell’accordo di Pomigliano per evitare di perdere il lavoro e un investimento da 500 milioni di euro. Ora però la Fiat chiede anche la garanzia che contro quell’accordo la Fiom come organizzazione non avvii ricorsi legali. Richiesta difficile perché, in base all’accordo, dal 1 gennaio la Fiom non avrebbe rappresentanti in fabbrica pur avendo il 70 per cento degli iscritti. «Io sono un tifoso della Juventus – scherza il segretario nazionale Giorgio Airaudo – e rivendico il diritto della mia squadra a presentarsi in tribunale per ottenere giustizia su uno scudetto revocato nel 2006. Perché gli operai della ex Bertone dovrebbero avere meno diritti della Juventus?». Le due parti hanno comunque evitato di ieri di arrivare alle estreme conseguenze. Il rinvio della trattativa, che riprende domani, potrebbe servire a trovare una mediazione.


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