Legge anti-aborto, donne in rivolta. La Chiesa insiste

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La legge, proposta dalla Commissione della Duma per le questioni della famiglia, pone in realtà  limiti molto blandi all’aborto, niente di particolarmente diverso da quanto accade ovunque nei paesi sviluppati: 12 settimane per abortire senza motivazioni particolari di salute, una settimana di “riflessione” dopo la presentazione della richiesta, e l’obbligo per le donne che sono già  oltre la sesta settimana di prendere visione del feto con un’ecografia e ascoltare il suo battito cardiaco. Insomma, una spinta ai sensi di colpa, sgradevole ma per certi aspetti comprensibile tenendo conto dell’uso che dell’aborto è stato fatto e continua ad essere fatto in Russia: come puro e semplice mezzo anticoncezionale, il più diffuso in assoluto, 73 aborti per 100 nascite nel 2009. Va anche tenuto conto che per molti decenni e ancora adesso lo Stato ha letteralmente incoraggiato le neomadri a sbarazzarsi senza troppi pensieri dei figli nati con gravi malformazioni e handicap (alle puerpere viene consigliato di lasciare i neonati in istituti speciali e di fatto scordarsene), per non parlare dell’interruzione di maternità , completamente libera fino ai limiti del puro e semplice infanticidio.
D’altra parte, è chiaro che le motivazioni che hanno spinto a presentare la nuova legge vanno oltre i temi della salute: c’è il problema del drammatico calo demografico della Russia, che ogni anno vede diminuire la popolazione (causa soprattutto una mortalità  molto più alta della media europea, per gli uomini); c’è il tema del differenziale di natalità  fra la parte slavo-cristiana della popolazione e la parte mussulmana (tatari e caucasici), che spinge i nazionalisti a parlare di “rischio di sorpasso”; e legato a questo c’è il ruolo crescente della chiesa nella società  e nella politica della Russia. Di qui la scesa in campo, contro la legge (che ha ricevuto alla Duma una prima approvazione in ottobre ma deve ancora affrontare la terza e tutt’altro che scontata lettura in aula) di una nutrita serie di organizzazioni femminili e laiche, decise a difendere una libertà  ritenuta fondamentale e a promuovere, al posto di una legge limitativa dell’aborto, una più sana campagna per la contraccezione e la maternità  responsabile.


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