Bpm, i pm vogliono sequestrare il pc sottratto da Laboccetta

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MILANO – Una richiesta di autorizzazione a procedere alla Camera per capire cosa contenga di tanto importante quel computer da strapparlo di mano ai finanzieri durante una perquisizione. La Procura di Milano sta valutando la possibilità  di chiedere ai parlamentari di poter sequestrare il portatile fatto sparire dal loro collega, il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta, mentre era in corso un’operazione della Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta che vede indagato l’ex presidente della Bpm, Massimo Ponzellini, per i legami tra la Bpm e il gruppo dei giochi Atlantis Bplus.
Un computer che fra l’altro non si sa neppure se sia di Laboccetta o no, dopo le dichiarazioni rilasciate da Francesco Corallo, il figlio di Gaetano, condannato per reati di criminalità  organizzata, e legato al clan di Nitto Santapaola. Secondo quanto emerge dalle indagini, lo stesso Corallo, al vertice del gruppo Atlantis, avrebbe dichiarato che quel pc apparteneva a una donna sudamericana presente nell’appartamento di piazza di Spagna al momento della perquisizione. Laboccetta ha ribadito che è suo. La ricostruzione dei fatti da parte della Guardia di finanza verrà  consegnata ai pm la prossima settimana. E una volta letti gli atti, i magistrati potrebbero decidere di indagare il parlamentare. Le ipotesi di reato sono diverse e vanno dal favoreggiamento alla resistenza e minacce a pubblico ufficiale e sottrazione di corpo del reato. I due indagati, Massimo Ponzellini e Antonio Cannalire, invece, hanno chiesto di essere ascoltati dai pubblici ministeri. La procura sta cercando di far luce sul finanziamento da 148 milioni di euro concesso dalla banca sotto la presidenza Ponzellini con la mediazione di Cannalire. Un credito ambiguo per le modalità  di erogazione, ma che, secondo il direttore generale della banca Enzo Chiesa «è assolutamente performing».
I problemi della banca, però, non finiscono qui perché Bankitalia, con una lettera inviata nei giorni scorsi ha puntato il dito sulla fusione tra le controllate, Banca di Legnano e Cari Alessandria, su cui la stessa Procura di Milano aveva già  acceso un faro. Via Nazionale ha chiesto approfondimenti in merito ai criteri che hanno spinto la banca a pagare circa 150 milioni di euro per chiudere la fusione, liquidando i due soci industriali – il Credit Mutuel e la Fondazione Cari Alessandria. Toccherà  all’attuale consiglio di sorveglianza, martedì prossimo (o quello successivo), rispondere a Palazzo Koch.
In Borsa, all’ultimo giorno di contrattazione, i diritti dell’aumento di capitale da 800 milioni hanno chiuso la seduta con un rialzo del 4,4% a 0,0235 euro, mentre le azioni sono salite dell’11,66% a 0,38 euro, tra scambi da capogiro. Sono passati di mano 50,6 milioni di pezzi pari al 12,2% del capitale nel giorno in cui Chiesa ha reso noto di aver sottoscritto 173.388 azioni per un valore complessivo di 53.516 euro. Tuttavia l’agenzia Moody’s ha declassato il rating a lungo termine di Bpm a Baa3 da A3 e il merito a breve termine a prime-3 da prime-2, mentre l’outlook è negativo.


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