In Italia 2,7 milioni di scoraggiati hanno smesso di cercare un posto

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 ROMA – Non ci sono solo i disoccupati. Accanto ai 2.102.000 senza lavoro “ufficiali” c’è un esercito di 2 milioni 764.000 di “inattivi”, persone spesso segnate dallo scoraggiamento, che hanno smesso di cercare un impiego perché convinte di non poterlo trovare «perché troppo giovani o troppo vecchie», o perché «non hanno le professionalità  richieste», «o più semplicemente perché ritengono non esistano occasioni di impiego nel mercato del lavoro locale». Costituiscono l’11,1% delle forze di lavoro, un fenomeno «tre volte più elevato della media europea (3,5%)», rileva l’Istat, che per la prima volta, sulla base di un accordo europeo promosso da Eurostat, censisce in dettaglio i “disoccupati ombra”, oggetto in passato di accese discussioni con i sindacati. E infatti la Cgil plaude alla novità : «Oggi l’Istat correttamente interpreta la situazione reale, identificando la platea degli scoraggiati. – commenta il segretario confederale Fulvio Fammoni – Finora il governo, per difendersi e nascondere i propri insuccessi, bollava chiunque ne parlasse di faziosità ». Anche la Banca d’Italia, già  un anno fa, aveva parlato in un Bollettino economico di un «tasso di sottoutilizzo» ben più ampio del tasso di disoccupazione ufficiale, che includeva cassaintegrati e scoraggiati.
La crisi ha acuito drammaticamente questo fenomeno: nel 2004 gli inattivi costituivano l’8,9% delle forze di lavoro (2,2 milioni). L’attuale percentuale dell’11,1% è lontanissima dall’1,1% della Francia, o dall’1,3% della Germania o dal 2,7% del Regno Unito. Si avvicinano alla percentuale italiana solo la Bulgaria con l’8,3% di disponibili a lavorare che non effettuano alcuna ricerca e la Lettonia con l’8%. Non per nulla gli scoraggiati italiani costituiscono un terzo dei circa 8,2 milioni di inattivi Ue.
Gli inattivi italiani sono soprattutto donne (1,7 milioni contro poco più di un milione di uomini), meridionali, poco istruiti. Classificando come “scoraggiati” in senso stretto solo il 42,5% degli inattivi (escludendo fenomeni di “scoraggiamento implicito”, per esempio donne che rinunciano al lavoro per dedicarsi alla famiglia e ai figli), l’Istat rileva che la metà  di chi rinuncia alla ricerca attiva di lavoro ha conseguito al massimo la licenza media, e solo un quinto ha invece la laurea. Accanto a occupati, disoccupati e inattivi ci sono poi 126.000 persone che cercano lavoro ma non sono disponibili a cominciare subito, e 434.000 sottoccupati part-time, che aspirerebbero a un impiego a tempo pieno, ma non lo trovano. Una categoria costituita ancora una volta soprattutto da donne, ma anche da stranieri. In totale, rappresentano l’1,7% delle forze di lavoro, e vivono soprattutto al Nord (48%).


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