Tremonti: crisi o no il bilancio sarà  in ordine

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Tremonti non ha potuto far altro che ammettere, con i suoi colleghi ministri delle Finanze, che stavolta il governo ha davvero difficoltà  oggettive. Ma si è subito premurato di aggiungere che a prescindere da chi sarà  alla guida di Palazzo Chigi nelle prossime settimane, «gli impegni presi con l’Unione Europea saranno in ogni caso rispettati». La stessa rassicurazione inviata ai mercati in mattinata da Gianni Letta, che con il premier in ritirata potrebbe avere un ruolo di primo piano, magari proprio insieme a Tremonti nella veste di garante verso Ue e Fmi, di cui è referente naturale.
Ieri al ministro dell’Economia è toccato un primo assaggio di quel che lo attende nei prossimi mesi. Il pressing Ue sull’Italia è stringente: vogliono sapere quanto costano le misure del maxi emendamento e quanto valgono, in termini di maggior crescita attesa. In un religioso silenzio il ministro ha spiegato che questa prima parte di misure sarà  a costo zero, in grado di autofinanziarsi. Più difficile dire che effetto possano avere sul Pil. Tremonti non ha mai creduto nel beneficio degli stimoli all’economia in questa fase di crisi. Molti nella maggioranza dicono che rema contro, lui a Bruxelles garantisce di essere «realista». L’emendamento messo a punto dalla maggioranza, che Tremonti consegnerà  al Senato tra domani sera e mercoledì mattina, non farà  miracoli. È dunque inutile prometterli all’Europa. Meglio assicurare che ogni scivolamento dagli obiettivi di deficit sarà  recuperato: è improbabile, perché i conti vanno ancora bene, ma al Tesoro sanno che la tensione sui tassi deve rientrare entro fine mese, altrimenti saranno dolori. O ragionare, e forse all’Eurogruppo ci si sta già  spingendo fin lì, sul dopo. Ad esempio sul cosa fare per abbattere il debito, quanto meno a dargli una bella scrollata, tra dismissioni, nuove imposte e riforme. Argomenti che, per inciso, se le cose non cambiano, diverranno il tema della prossima campagna elettorale.
Tra qui e lì, c’è ancora di mezzo Berlusconi. Tremonti all’Eurogruppo si è limitato a riferirne la nuova richiesta di un voto di fiducia. Del premier, però, nel giro Ecofin parlano ormai tutti, più di Papandreou. Tra i funzionari della Commissione, del Consiglio e della Bce, abituati a seguire le vicende della politica attraverso i grafici sullo schermo, molti danno già  per scontate le dimissioni. La vera incognita, per loro, è ormai solo l’effetto spread: se valgono più o meno di 100 punti di riduzione del differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi.


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