Alla ricerca di un primo ministro
ATENE. Papandreou ha sacrificato il suo governo e ha salvato per il momento il suo prestigio e i resti del suo Pasok. Dopo due anni di pressioni si è riusciti a mettere il conservatore Samaras nel treno di un governo di unità nazionale che vuole portare la Grecia verso un nuovo memorandum con la troika. Papandreou e Samaras cercavano disperati fino a ieri sera un primo ministro, mentre la sinistra, i sindacati e i movimenti di protesta si preparano già a dare nuove battaglie contro i tagli.
L’ex vicepresidente della Bce, Loukas Papadimos, ha rifiutato l’incarico di primo ministro perché la Nuova Democrazia insiste per andare alle urne il 19 febbraio. Papadimos ha rifiutato l’invito perché da buon banchiere vuole controllare nei prossimi mesi il cambio delle obbligazioni dello stato con le banche.
Un secondo no hanno incassato Papandreou e Samaras da Nikiforos Diamantouros, membro dell’autorità indipendente greca che vigila sulla pubblica amministrazione, che nascondendosi dietro la sua recente rielezione ha rifiutato l’offerta di dirigere un governo che dovrà firmare politiche da macelleria sociale per i prossimi quindici anni.
Intanto Merkel, Sarkozy, Barroso, Rhen e Juncker insistono per l’immediata formazione del nuovo governo di coalizione con il «metodo portoghese», che consiste nell’accettare gli accordi, presenti e futuri, con Ue, Bce e Fmi.
Pero se anche Pasok e Nuova Democrazia riusciranno a trovare una figura istituzionale che faccia le veci di primo ministro fino alla metà di febbraio, assai più difficile sembra la composizione del nuovo governo. La Nuova Democrazia non vuole incarichi ministeriali e chiede la sostituzione di cinque ministri, mentre Papandreou ha fatto fortemente presente ai conservatori che vuole, nei ministeri che decideranno il prossimo memorandum, la partecipazione attiva di rappresentanti di Nuova Democrazia, se non come ministri per lo meno nella veste di vice ministri o segretari. Da parte sua l’Ue e il Fmi hanno avvertito che la sesta tranche degli 8 miliardi di euro del primo prestito della troika sarà concessa solo quando saranno votati il nuovo accordo e le nuove misure del memorandum, annientando il populismo Samaras, che voleva distinguere tra il voto del memorandum e le misure dure che lo accompagneranno.
Così se si faranno le elezioni dopo la seconda metà di febbraio Papandreou non sarà l’unico «traditore», visto che il fronte del memorandum sarà allargato alla Nuova Democrazia, Laos e Alleanza Democratica. La gestione della crisi dopo l’annuncio del referendum ha di fatto salvato la sua leadership nel Pasok, con la stragrande maggioranza dei suoi deputati e ministri che lo considerano capo indiscusso per portare il partito alle prossime elezioni con l’obiettivo di limitare o prevenire una vittoria schiacciante di Nuova Democrazia.
La posizione di Samaras è molto difficile, visto che Merkel e Sarkozy l’hanno costretto a una svolta politica dopo due anni di opposizione molto dura contro il memorandum. Ora Samaras sembra pronto di votare qualsiasi cosa per «salvare la patria», mentre allontanandosi la data delle urne non potrà incassare il suo successo come oppositore del memorandum.
La sinistra ha denunciato le manovre del palazzo oltre al fatto che il nuovo governo dovrà applicare i duri tagli che prevede il primo memorandum e firmarne un secondo con misure ancora più severe per applicarle nei prossimi dieci o quindici anni.
La crisi politica è frutto delle politiche dei tagli che ha imposto la troika e nessun governo potrà reggere la forte pressione sociale. Pasok, Nuova Democrazia e il loro nuovo primo ministro si troveranno probabilmente alla fine di dicembre con quasi 30.000 famiglie al buio, perché non potranno pagare la super tassa sulle loro case, mentre centinaia di migliaia di altre famiglie non possono più pagare i loro mutui. Il 1 gennaio saranno messi in mobilità i primi 30.000 impiegati statali, per essere licenziati alla fine dell’anno prossimo. Alla fine la «patria» che cercano di salvare Papandreou e Samaras è diversa da quella dei loro concittadini.
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