Il canale fantasma che avrebbe evitato il disastro

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GENOVA – Il Fereggiano è un torrentello, anzi un rio incassato come un serpente tra le case che da Quezzi scendono a Marassi; ha un argine destro assediato dalle frane, denunciate da ambientalisti e residenti, e un fantasma che lo insegue inutilmente, da trent’anni. Il fantasma, anzi il disperso è uno scolmatore, un canale sotterraneo lungo sei chilometri, che porterebbe a finire in mare le acque di quello stesso rio, che quando si gonfia diventa una bomba, lontano dal Bisagno dove invece confluisce a cento metri dallo stadio Ferraris. «E con le acque del Fereggiano lo scolmatore catturerebbe il rio Noce, il Casaregis e altri, tutti coperti, che quando saltano allagano l’intera zona di Brignole e della Foce, com’è successo ancora», ricorda Paolo Tizzoni, direttore generale dell’area urbanistica e dei grandi progetti territoriali del Comune, ma da vicepresidente della Provincia con Marta Vincenzi, fino al 2002, promotore e realizzatore dei piani di bacino dei torrenti genovesi. Che però, senza lo scolmatore del Bisagno, servono a poco. «Da quanto ne sappiamo, il progetto definitivo si è fermato nell’estate del 2008 al Consiglio superiore dei lavori pubblici: ha un costo ingentissimo, tra i 250 e i 270 milioni di euro. Ma non se ne può fare a meno» attacca Tizzoni. Che ricorda come l’intero valore di messa in sicurezza del Bisagno è di circa 500 milioni di euro; 70 già  spesi per rifare la copertura tra la Foce e l’incrocio con la Questura, altri 15 impegnati. Dei 108 necessari per arrivare sino alla Stazione Brignole, invece, non si sa nulla. Eppure in questo modo la velocità  di deflusso delle acque sarebbe garantita sino a 850 metri cubi al secondo (ora siamo a 720); con lo scolmatore, via altri 450 metri cubi d’acqua e la Valbisagno e Genova sarebbero al riparo anche dalla massima piena possibile, la cosiddetta duecentennale, quella ipotizzata fino a 1300 metri cubi al secondo.
Ma lo scolmatore, per il quale sarebbero comunque necessari 6-7 anni di lavori non c’è. Eppure un primo cantiere venne aperto all’inizio degli anni Novanta, ma lo scavo inciampò in tangentopoli: cantiere bloccato e abbandonato, decine di miliardi (di lire, allora) gettati al vento, indagini e arresti clamorosi per amministratori, costruttori, tecnici: poi, processi e riabilitazioni. Il Fereggiano resta nel suo letto franoso, nonostante gli interventi già  fatti a monte, lo scolmatore resta un fantasma.


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