Indignati, Facebook, Biagi e Montanelli il debutto di Santoro è contro la casta

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ROMA – C’è sempre lui, Michele Santoro, al centro dell’arena. Tubi innocenti, gru, pauperistiche sedie di legno. La scenografia di Cinecittà  evoca la crisi: è industria e cantiere, rosso e blu, buio e riflettori. Servizio pubblico comincia con le note di Vasco Rossi, «Noi siamo i soliti, siamo quelli così». Poi gli applausi, la telecamera che stringe su volti giovani e a tratti emozionati. «Caro Enzo Biagi, caro Indro Montanelli, non se ne può più di resistere resistere resistere». L’avventura di Santoro e della sua squadra fuori dalla Rai comincia così: «Ha ragione Monicelli, bisogna fare la rivoluzione. Questa è la nostra piccola rivoluzione». Il conduttore rivela a chi vuole parlare: «Come facciamo a fare la predica ai nostri figli quando nel sistema dell’informazione non sono rappresentati?». Per questo gli indignati sono in studio. C’è la precaria che lavora venti ore al giorno, non arriva alla fine del mese e spiega le loro ragioni: «Non è togliendo i soldi alle misere pensioni dei nostri padri che si trova una soluzione degna per noi». C’è il sondaggio in diretta su Facebook. Ci sono, dilagano, Marco Travaglio con le sue “balle della settimana” e Vauro in veste di Savonarola della “santa indignazione”.
«Non sono né un guru, né un profeta né un martire – dice Santoro – voglio solo essere libero di fare il mio mestiere senza padroni». E lamenta ancora una volta la scarsa reazione del sistema – opposizione compresa – alla sua epurazione. Il titolo della puntata – la prima di 26 già  fissate – è “Licenziare la casta”. Ad aprirla ufficialmente il fedelissimo Sandro Ruotolo con un servizio sui costi della politica. Ma anche l’intervista a Claudio Scajola scoperto a rientrare nella sua casa al Colosseo: «E’ in vendita, ma finché è ancora mia ci dormo. Che c’è di male?». Già , che c’è di male? Valter Lavitola i giornalisti di Santoro sono andati a trovarlo direttamente a Panama. Le sue telefonate al premier sono state ricostruite con una fiction accuratissima: il tipo di operazione che aveva dato tanto fastidio ad Annozero, e che aveva spinto la Vigilanza Rai a vietare le ricostruzioni nelle trasmissioni di informazione e nei tg. Qui si può, e si abbonda. Non ci sono molte novità , in quel che dice il latitante. «Sognavo di fare il deputato, ma Ghedini e Letta si sono messi contro di me». Cosa pensa di loro? «No comment».
Santoro è grato ai centomila che hanno donato 10 euro – totale un milione – perché tutto questo fosse possibile. «Hanno acceso le luci di questa serata, possono accendere tutto quello che vogliono: Celentano, Luttazzi, Dandini. La Rai che si sta spegnendo lentamente». Gli ospiti in studio sono Paolo Mieli, Franco Bechis e Luisella Costamagna, come giornalisti, e poi quelli che Santoro definisce «scassatori» per le loro uscite contro la politica: Luigi de Magistris e Diego Della Valle. «Senza l’obbligo dei politici siamo più liberi», aveva detto il conduttore in conferenza stampa. E’ anche vero però che, senza contraddittorio, il lungo elenco dei privilegi parlamentari fatto da Marco Travaglio e le ragioni del sindaco di Napoli e dell’imprenditore marchigiano rischiano l’effetto predica.
Nel finale un’intervista esclusiva a Chiara Danese, la 19enne che si è costituita parte civile nel processo sulle notti di Arcore. Tutto molto Annozero, insomma, al netto dei politici che litigano e dei collegamenti con le piazze. La sfida è capire se la multipiattaforma – internet, digitale, reti locali, Sky, Radio Capital – sarà  in grado di garantire gli stessi numeri di Raidue. L’ultima puntata aveva avuto uno share del 32 per cento, 8 milioni e mezzo di persone. Se Santoro si avvicinerà  a quei numeri, e se raccoglierà  abbastanza pubblicità  per sopravvivere, avrà  vinto la sua rivoluzione.


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