Herat, battaglia per liberare i contractor italiani
Una vera battaglia, durata quasi 3 ore, ha impegnato ieri il contingente italiano in Afghanistan nella difesa della sede di una società di contractor che sorge ad appena un chilometro dal quartier generale dell’Esercito ad Herat. Un militare italiano è rimasto ferito leggermente ad una gamba, mentre i 5 assalitori (due erano kamikaze) sono stati tutti uccisi dagli italiani e dalla polizia afgana.
L’assalto dimostra ancora una volta che, nonostante tutta la narrativa sulla ridotta pericolosità dei Taliban, in Afghanistan l’iniziativa rimane sempre agli insorti. Tanto che ormai, considerando la guerra invincibile, la stessa amministrazione Obama inizia addirittura a pensare di anticipare il momento del ritiro delle forze combattenti dal 2014 al 2012.
La notizia dell’attacco è stata data a Roma dal generale Luciano Portolano, in diretta tv durante una conferenza stampa al Comando operativo interforze. Il comandante della Brigata Sassari (che in questi mesi garantisce il grosso dei 4.000 uomini in Afghanistan) ha spiegato che un primo kamikaze si è fatto saltare in aria all’ingresso del compound della Esko International; la Esko è una società con sede nel principato di Monaco che fornisce servizi logistici in teatri di guerra o comunque «estremi». Nella provincia di Herat per esempio ha costruito un ospedale, riabilitato strade e soprattutto fornito servizi ai contingenti e alle organizzazioni internazionali. L’attacco è iniziato alle 9,35 e immediatamente Portolano ha dato ordine alle forze speciali della Task Force 45, agli elicotteri Mangusta e ai blindati della Sassari di intervenire a sostegno della Esko. I Taliban erano riusciti a prendere in ostaggio 31 dipendenti della società , fra cui 6 italiani, alcuni afgani, britannici, bosniaci e indiani.
Alla fine i 5 assalitori sono stati uccisi e gli ostaggi liberati: il problema è che la sede della Esko sorge ad appena un chilometro dal compound militare della Nato e a pochi metri dall’aeroporto di Herat. Come dire che ad Herat, una delle poche città afgane riconsegnate al controllo dell’Esercito e della polizia afgani, la sicurezza è talmente incerta da non poter essere garantita neppure a pochi metri dalle basi Nato.
Sono tali le difficoltà a vincere una guerra invincibile che l’amministrazione Obama ha iniziato seriamente a pensare di accelerare il ritiro del grosso delle truppe combattenti per passare ad una fase in cui in Afghanistan rimarranno soprattutto addestratori e consiglieri. Il Wall Street Journal di ieri ha scritto che in vista del vertice Nato del prossimo maggio, i massimi livelli del Pentagono hanno iniziato a valutare l’accelerazione del passaggio dalla fase «combact» alla fase di assistenza e addestramento. Il Wall Street collega le discussioni di questi giorni con l’agenda di politica interna di Obama: il 2012 è un anno elettorale, e un ritiro anticipato di sicuro aiuterebbe il presidente.
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