Via libera alla compravendita di case l’ultima svolta del socialismo cubano

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Il parco ai margini della calle 23 all’Avana è stato per decenni il posto delle permute, dove si andava per accordarsi nello scambio di case. E dove giravano i dollari. Fino ad oggi – e non sarà  più così dal prossimo 10 novembre con la nuova legge sulle case – comprare o vendere un appartamento era proibito a Cuba. Si poteva solo scambiare, permutare tra due privati che si mettevano d’accordo e poi avvisavano il catasto. Naturalmente uno dei due pagava per lo scambio ma lo Stato faceva finta di non saperlo. Una delle tante ipocrisie del socialismo tropicale che la riforma approvata nell’ultimo Congresso del partito comunista cubano, lo scorso aprile, vuole eliminare rendendo libero l’acquisto e la vendita che saranno tassati. Quella sulle case è la penultima riforma a essere messa in pratica del pacchetto economico voluto da Raul Castro per “modernizzare il socialismo”. L’ultima, attesa per la fine dell’anno, sarà  la riforma migratoria che dovrebbe rompere – a certe condizioni – un altro divieto imposto dal regime da cinquant’anni, ossia quello di possedere un passaporto e recarsi liberamente all’estero.
Dopo una prima fase interina, a partire dall’agosto 2006, Raul ha completamente sostituito il fratello Fidel alla guida del paese dal febbraio 2008 e, da allora, si è impegnato ad abolire divieti nella prospettiva di riformare il regime sull’esempio del socialismo vietnamita e cinese affinché possa funzionare una integrazione fra libero mercato in economia e partito unico in politica. Cancellati vecchi simboli, come la “libreta”, la tessera di razionamento che distribuiva quantità  da sopravvivenza di beni alimentari gratuitamente, Raul ha avviato una riforma agraria consentendo la proprietà  privata di terre incolte a contadini che possono rivendere privatamente i loro prodotti, ha aperto alle piccole attività  private attraverso la concessione di licenze agli artigiani (barbieri, idraulici, piccoli commercianti), ha liberalizzato la proprietà  delle auto. Il tutto all’interno di un progetto molto lontano dal socialismo più che ortodosso imposto per mezzo secolo da Fidel dove lo Stato non dovrà  più essere né l’unico, né il principale datore di lavoro e dove antichi tabù, come i tetti salariali uguali per tutti, saranno cancellati e la produttività  premiata.
Per valutare gli effetti del via libera alla compravendita delle case, come per tutte le altre riforme economiche, ci vorrà  tempo. Oggi, secondo dati ufficiali, più del 50 percento delle case dell’isola sono in pessimo stato; otto abitazioni su 10 hanno urgente bisogno di ristrutturazioni. E, per soddisfare la domanda, bisognerebbe costruire subito almeno 600mila nuovi appartamenti. Con la nuova legge, che di fatto trasforma l’80 percento dei cubani che hanno una casa assegnata dallo Stato in proprietari visto che adesso possono liberamente vendersela, il regime spera di mettere in moto effetti positivi che migliorino la situazione. Ma come nel caso delle auto, anche nelle legge sulle case, ci saranno molte regole per evitare quel che il regime teme di più: l’assalto degli esuli. Quei cubani della diaspora, prima politica e poi economica, che vivono fra Miami, il Messico e la Spagna, e che avrebbero i fondi per approfittare della liberalizzazione. Così, nel riformare, appare evidente che il primo obiettivo di Raul sia quello di favorire i funzionari del partito-Stato (impiegati, burocrati e militari). Un po’ come accadde nella dissoluzione dell’Urss, a scala molto ridotta naturalmente, con la formazione degli oligarchi. Chi otterrà  i maggiori privilegi da queste riforme sono tutti coloro che, in un modo o nell’altro, fanno parte del sistema più vicino al regime. Infatti, precisa la legge, ogni cubano residente potrà  possedere al massimo due case: una in città , l’altra al mare. Ovvero quello che molti funzionari del partito hanno già , con la differenza che adesso le possiedono per davvero.


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