Liberalizzazioni, apprendistato e Sud niente licenziamenti facili e pensioni
ROMA – Liberalizzazioni, privatizzazioni, semplificazioni, infrastrutture, dismissioni del patrimonio pubblico, piano Sud e piano lavoro (ma senza licenziamenti “facili” né tantomeno pensioni), smaltimento dell’arretrato della giustizia civile, credito di imposta per la ricerca, banda larga. Il menù del piano anti-crisi è sempre lo stesso. Scartate – per ora e dopo uno sfibrante braccio di ferro all’interno del governo – le proposte più dure ma che potevano garantire risorse (patrimoniale, prelievo forzoso sui conti correnti, condoni o sanatorie fiscali, ritorno dell’Ici sulla prima casa, rivalutazione delle rendite catastatali), che pure ieri sono circolate a più riprese, rimane il pacchetto “per lo sviluppo” maturato nelle scorse settimane, così come incluso nella lettera di intenti di Berlusconi al Consiglio europeo. Si tratta, in pratica, delle “100 cose a costo zero” che finiranno in un maxi-emendamento del governo alla legge di Stabilità , ora in commissione Bilancio del Senato, ma in aula a Palazzo Madama già la prossima settimana. E’ questo il veicolo scelto dall’esecutivo, dopo che l’ipotesi di un decreto legge è via via sfumata, anche per la posizione del Quirinale. Una soluzione che potrebbe assicurare l’approvazione definitiva per la metà di novembre.
Il pacchetto anti-crisi – l’unico risultato politico che il presidente Berlusconi e il ministro Tremonti porteranno oggi al G20 di Cannes – ricalca il cronoprogramma della lettera all’Europa. Incentivi fiscali (meno Ires e Irap) alle imprese che investono nelle grandi opere pubbliche (da individuare e accelerare). Dismissioni degli immobili dello Stato, a partire dalle caserme (entrate previste: almeno 15 miliardi nei prossimi tre anni). EuroSud, il piano per il Mezzogiorno che sbloccherà otto miliardi di fondi strutturali europei in scadenza entro dicembre (un tesoretto che fa gola e che in realtà potrebbe essere utilizzato non solo per il Sud). Incentivi per chi assume le donne disoccupate (contributi ridotti del 25% e altre agevolazioni legate alle aree dove è più forte il gap con l’occupazione maschile). Incentivi anche per il part-time, il telelavoro, il lavoro intermittente e accessorio se usato nel turismo e nei pubblici esercizi (settori a forte rischio di sommerso). E ancora: aumento di un punto percentuale nell’aliquota contributiva dei co.co.co e co.co.pro, contributi azzerati nei primi tre anni per le imprese fino a 9 dipendenti che assumono con il contratto di apprendistato. Credito di imposta per chi assume al Sud, ma anche per chi investe in progetti di ricerca e per chi assume ricercatori con meno di 30 anni e un dottorato o master (dell’80% nei primi tre anni se il contratto è a tempo indeterminato, dell’50% se è a tempo determinato e per ogni anno di durata del contratto).
Sul fronte delle liberalizzazioni, arriva il divieto per gli enti locali di affidare “in esclusiva” (ovvero in concessione) i servizi pubblici, come i trasporti o anche il gas. Ma di valutarne la privatizzazione. L’apertura al mercato dovrebbe riguardare anche il settore dei carburanti e dell’Rc Auto. Infine, la riforma delle professioni con l’abolizione delle tariffe minime e la possibilità costituire società di capitale tra professionisti. Confermati i capitoli su semplificazioni e decertificazioni (voluti da Calderoli e Brunetta) per alleviare il carico burocratico di imprese e cittadini. Così pure la trasformazione dell’Ice, l’Istituto del commercio estero, in “Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane”, sotto la vigilanza di una cabina di regia presieduta dal ministro dello Sviluppo economico e dal ministro degli Esteri. Sarà anche rilanciato il Piano strategico nazionale per la banda larga e ultralarga. Il finanziamento arriverà da vecchi e nuovi fondi strutturali europei, dal fondo per lo Sviluppo e dalla Cassa depositi e prestiti.
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Eppur si muove. Le resistenze sono state vaste e radicate, ma alla fine il governo ha varato la cessione di Sace, Simest e Fintecna alla Cassa depositi e prestiti al prezzo di 10 miliardi e la costituzione di due fondi d’investimento promossi dalla stessa Cassa per valorizzare gli immobili pubblici e le partecipazioni azionarie degli enti locali, e di un terzo fondo, promosso dall’Agenzia de demanio, per riqualificare il patrimonio pubblico ricompreso nel federalismo fiscale (materia, in verità , alquanto criptica).