Il Colle prepara il dopo-Silvio e c’è anche la carta Monti per un governo del Presidente

Loading

ROMA – Giorgio Napolitano non chiede al Pd e al Terzo polo di salvare Berlusconi per salvare l’Italia. È il segnale tanto atteso dalle opposizioni. «Il capo dello Stato non può fare un golpe, deve aspettare che si determino le condizioni. Ma pensa già  al dopo Cavaliere», racconta un dirigente del Pd salito ieri al Colle. C’è un’accelerazione rispetto ai contatti di martedì. Automaticamente e in maniera repentina i colloqui con Terzo polo e democratici al Quirinale si trasformano nella cabina di regia chiamata a preparare il governo di emergenza. Che già  è diventato, nelle definizioni dei protagonisti, il «governo del Presidente». Al Colle si parla degli impegni internazionali da rispettare, della composizione dell’esecutivo, si fa persino qualche nome, a cominciare dal più evocato: Mario Monti. Bersani e Casini possono lavorare a un governo di emergenza. Con il sostanziale via libera del capo dello Stato. Perché questa «è l’ultima finestra» libera per evitare le elezioni anticipate.
Il presidente della Repubblica fa molte domande alle delegazioni del Partito democratico e dell’Udc. Ma non fa mai cenno a un aiuto al governo per rispettare le condizioni imposte dalla Ue. Se la situazione precipita, si troveranno i margini per un’altra soluzione senza passare dalle urne. «Se in Parlamento si arriva alla sfiducia, ci penserà  lui, troverà  lui la formula», raccontano i protagonisti delle “consultazioni” al Colle. Bersani spazza via gli ultimi dubbi. Secondo molti è tentato dal modello Zapatero cioè dalle elezioni anticipate in primavera. Ma davanti al presidente dà  ampie rassicurazioni. «Ci assumiamo la responsabilità  di un governo di transizione», dice. Vedete, spiega Napolitano, ormai io ci sto mettendo la faccia per dare garanzie alle istituzioni internazionali, non possiamo permetterci sbavature, questi incontri servono anche a offrire le più ampie rassicurazioni all’Europa e ai mercati. Casini descrive così la situazione al capo dello Stato: «La crisi economica e la questione personale del premier sono due problemi che vanno risolti insieme». Nessun soccorso bianco, stavolta. Napolitano non commenta. E il suo silenzio è più eloquente di molte parole.
Tutti giurano che durante i colloqui non sono stati fatti i nomi dell’esecutivo di emergenza. Ma non è proprio così. Emerge con chiarezza il profilo del governo del Presidente, nelle parole pronunciate al Quirinale. Casini fa presente che la poltrona di presidente del Consiglio può andare a Mario Monti, il tecnico autorevole conosciuto in tutti gli ambienti internazionali. Ma ministri devono essere i dirigenti politici della nuova maggioranza parlamentare. «Il contributo delle forze politiche deve essere limpido, trasparente», avrebbe detto il leader del Terzo polo secondo il racconto di un testimone diretto. Si devono esporre tutti, Pdl compreso. Dunque, un governo politico guidato da una figura esterna di altissimo livello. Il Pd è più tiepido su questa ipotesi, ma fa delle aperture sostanziali. «I componenti dell’esecutivo dovranno essere riconoscibili e tutti potranno ricondurli ai partiti che li esprimono», spiega un membro della delegazione democratica ricevuta al Colle. Come dire: non professori o esperti sganciati completamente dalla politica, non un consiglio dei ministri sul modello del governo Dini.
Bisogna insomma legare le mani allo schieramento del governo d’emergenza. Per evitare strappi nel corso del cammino, per sostenere convinti i sacrifici inevitabili e arrivare alla fine della legislatura. Si capiscono i timori del Pd, però. Antonio Di Pietro è stato convinto da Bersani ad ammainare la bandiera delle elezioni subito. Darà  i voti al governo di emergenza. «Ma è pronto a sfilarsi alla prima occasione», giura un dirigente democratico. Quindi non entrerà  nell’esecutivo e con Vendola rischia di essere una spina nel fianco per il Pd. Bersani però non si tirerà  indietro. Cercherà  di tenere dentro tutto il centrosinistra, la foto di Vasto o almeno una parte di essa. A Napolitano, ansioso di saperne di più sulla manifestazione di sabato a Piazza San Giovanni, ha annunciato la partecipazione del leader Idv e la piattaforma. Berlusconi a casa, questo sarà  lo slogan. E la piazza sarà  piena di bandiere tricolori. Fuori dalla scaletta invece le elezioni subito e le critiche che nel partito non mancano alla lettera della Bce. Critiche che non si fermeranno. Per questo Bersani dice «saremo nel governo di emergenza con le nostre proposte». Ma adesso la partita si gioca sulla caduta del Cavaliere.


Related Articles

La data del voto c’è Sulle alleanze resta nebbia fitta

Loading

Si voterà  il 24 febbraio. La legge di Stabilità  verrà  approvata domani notte. Subito dopo saranno sciolte le Camere. E Mario Monti dirà  quale ruolo si vuole ritagliare in campagna elettorale. Insomma, entro la fine della settimana qualcosa dovrebbe diventare più chiaro: sebbene le alleanze rimangano una nebulosa, perché non si capisce se e come Pdl e Lega riusciranno a trovare un’intesa; e che forma prenderà  la federazione che si richiama alla politica economica del premier.

Banca Etruria, il ministro Padoan scarica Maria Elena Boschi

Loading

Verso le elezioni. La commissione banche sempre più un boomerang per il Pd

Quel sorriso del Capo lungo più di vent’anni

Loading

 Chi pensa che la costruzione del consenso e il culto del leader attraverso i media siano un’invenzione recente, brevettata da Silvio Berlusconi, per ricredersi deve guardare Il sorriso del Capo. Un film di Marco Bechis e Gigi Riva, presentato in anteprima al Festival di Torino. È una catena di documenti d’epoca dell’Istituto Luce in gran parte inediti.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment