Rete di sicurezza su Italia e Spagna in allerta Fmi, Ue e banche centrali
NEW YORK – «Adesso è l’Italia che deve fare i suoi compiti. Contano le azioni, non le promesse». E’ duro l’intervento del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che aggiunge una minaccia: «Se l’Italia non mantiene gli impegni, saranno i mercati a trarne tutte le conseguenze». L’intervento del governo tedesco complica una giornata agitata da una ridda di voci, rilanciate dall’Ansa, su un “piano-B” predisposto per evitare il contagio della crisi a Italia e Spagna: una rete di sicurezza per i due Paesi che coinvolgerebbe Fmi, Ue e banche centrali (il portavoce della Commissione Ue ha però escluso nuovi piani, rimandando a quanto deciso nel vertice europeo della scorsa settimana).
Un piano del genere darebbe un ruolo più decisivo alla vigilanza dell’Fmi sulle riforme italiane, attraverso la “condizionalità ” degli aiuti. E’ un tema che si intreccia con le riforme del Fondo monetario internazionale in agenda al G20 e per il quale è cruciale l’accordo di Usa e Cina.
Le parole di Schaeuble pesano tre volte. Perché la Germania è l’azionista principale dell’eurozona, del fondo salva-Stati, del commissariamento virtuale dell’Italia. Perché Schaeuble invoca il giudizio dei mercati a ridosso di una prima bocciatura (l’asta Btp con rendimenti oltre il 6%). E perché il tedesco rafforza lo scetticismo degli Stati Uniti, che a loro volta hanno una funzione di freno per ulteriori aiuti del Fondo monetario internazionale. E’ sferzante Schaeuble quando gli viene chiesto se l’aumentata dotazione (da 440 a 1.000 miliardi di euro) del fondo salva-Stati Efsf sarà sufficiente in caso di default italiano: «Non è questo oggi il problema, è l’Italia che deve realizzare le riforme promesse per ridurre il suo deficit. L’Europa funziona attraverso gli atti, non rassicurandoci gli uni gli altri che siamo gente per bene». La sua uscita coincide con il “riflusso del giorno dopo” nei più autorevoli media angloamericani che raccolgono gli umori dei grandi investitori. Il Financial Times in prima pagina ha un titolone “L’Italia guasta l’umore dopo l’accordo Ue”. E’ l’umore dei mercati, che hanno perso l’euforìa iniziale sull’intesa raggiunta mercoledì sera a Bruxelles. “Il costo del debito italiano sale ancora. Pechino e Tokyo chiamati in soccorso. La paura del contagio persiste”, sono gli altri titoli del Financial Times in prima pagina. Dello stesso tenore il Wall Street Journal. Tutti sottolineano il venerdì pessimo per il Tesoro italiano costretto a offrire un rendimento record sui Btp decennali per trovare acquirenti; i propositi di riforma del governo Berlusconi che gli investitori consultati da Wall Street Journal e Financial Times considerano «inadeguati»; infine il caso provocato dal premier italiano con le sue parole di sfiducia verso l’euro. Sui mercati globali che hanno i loro centri a New York e Londra prendono forza tanti dubbi. Questi spiegano l’appello lanciato da Barack Obama agli europei perché arrivino al G20 di Cannes giovedì con garanzie serie. Sul debito greco: il default al 50% funzionerà se lo accettano le banche. Sulla ricapitalizzazione delle medesime banche grava un’incognita: dovranno autofinanziarsi sui mercati. Sulla nuova dimensione dell’Efsf: nessuno sa se sia sufficiente a fronteggiare un’eventuale crisi di liquidità di paesi grossi come Italia e Spagna. Sulle promesse di Berlusconi da Schaeuble alla grande stampa americana il tono è preoccupato perché «le sorti della stabilità finanziaria mondiale dipendono da lui» (editoriale di James Stewart sul New York Times). Infine pesa il dubbio sul sostegno cinese. Ieri il chief executive del fondo salva-Stati, Klaus Regling, era a Pechino dove ha annunciato che in futuro l’Efsf «potrebbe emettere bond in renminbi» (la valuta cinese). I cinesi continuano a prendere tempo, il viceministro delle Finanze Zhu Guangyao ha detto che «occorrono più dettagli prima di decidere» investimenti in bond dei paesi a rischio come l’Italia. Non bastano le garanzie dell’Efsf né la promessa di Nicolas Sarkozy, di promuovere il renminbi dentro il paniere dei Diritti Speciali di Prelievo (unità di conto del Fmi). Una promessa generosa visto che il renminbi non è convertibile. La Cina ha un brutto ricordo dei salvataggi effettuati nel 2008, quando il fondo sovrano di Pechino entrò come cavaliere bianco in alcune banche di Wall Street e subì perdite pesanti. La Cina interverrebbe più volentieri attraverso il Fondo monetario, ma si scontra con le resistenze americane. Essendo l’azionista di maggioranza relativa del Fmi, l’America dovrebbe contribuire in proporzione. E Obama in piena austerity di bilancio non può infliggere ai suoi elettori l’affronto di un aiuto agli Stati europei. Se ne riparlerà al G20 di Cannes.
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