Camusso, Bonanni e l’autonomia
Al ministro Sacconi va riconosciuto il merito della chiarezza. Da anni persegue con coerenza un paio di progetti e individua gli strumenti politici e legislativi per realizzarli. Gli incubi del socialista Sacconi sono in parte il Pci e la Cgil, nei cui confronti – degli eredi, nel caso del Pci – ha maturato un odio assoluto che da quando è al potere si è traformato in vendetta. Ma soprattutto, a turbare le sue notti sono il ’68 e gli anni Settanta, causa di tutti i mali italiani. Detesta l’egualitarismo fino a disprezzare ogni forma di eguaglianza, è convinto che i lavoratori abbiano strappato troppo potere nei confronti delle imprese a cui va ridato per intero il bastone del comando. In che modo? Con un incalzare di controriforme legislative finalizzate a riportare il lavoro alla condizione di merce, il cui prezzo è deciso dai mercati come per il tè e il grano, gli operai comprati e venduti come derrate alimentari e, quando serve a regolarne il prezzo, lasciati marcire come i pomodori le olive. È abile Sacconi, come testimonia la riduzione ad ascari di Bonanni e Angeletti, ospiti fissi in casa ministeriale perché appongano la loro firma «separata» in calce alle «riforme». In realtà , del povero Angeletti si occupa ben poco, preferisce dedicare le sue cure a Bonanni. Perché sia chiaro chi comanda, Sacconi chiama Cisl e Uil «sindacati complici». Ha lavorato con successo all’isolamento e alla persecuzione della Cgil, soprattutto quando la confederazione non complice veste i panni dei metalmeccanici Fiom, neanche fossero i black bloc del sindacato. Un ragionamento analogo potrebbe essere fatto per il ministro Brunetta, ma l’analisi delle motivazioni della sua indomabile ferocia contro sinistre e lavoratori rischierebbe derive psicologiche, se non psicoanalitiche. A liquidare Brunetta ci ha pensato D’Alema con una delle sue rare uscite politicamente corrette: l’«energumeno tascabile».
Sacconi è uno dei principali artefici della manovra d’agosto, a partire dal famigerato articolo 8 che controriforma le relazioni sindacali e cancella i contratti nazionali, con un colpo di spugna sullo Statuto e sulla Costituzione. Ma anche la letterina d’intenti di Berlusconi ai suoi giudici e padroni europei porta il segno indelebile del vendicatore socialista. Il quale è disposto persino a rompere ogni rapporto con i suoi ex compagni di partito saliti ai massimi vertici della Cgil, se serve a perseguire i suoi obiettivi. È sua l’idea gradita a una Confindustria antigovernativa a giorni alterni secondo cui la miglior ricetta per lo sviluppo sono i licenziamenti. Così come l’attacco ai diritti dei lavoratori regolari sarebbe il toccasana per curare i mali di quelli irregolari e dei disoccupati. L’opposizione a questa filosofia padronale ottocentesca da parte della Cgil non è una notizia. La notizia è che persino Bonanni pensa che il «governo amico» abbia passato il limite e arriva a minacciare: se sull’ipotesi di rendere più facili i licenziamenti non venissimo consultati dal governo potremmo scendere in piazza. Anch’io, anch’io sottoscrive Angeletti il quale in piazza c’è già sceso ieri con i suoi dipendenti pubblici. Non sarà che i sindacati «complici» decidano di riconquistarsi un po’ d’autonomia? Seconda e più irrispettosa domanda: Bonanni ha annusato aria di crisi del governo e sta preparandosi a un gesto clamoroso per rivendicarne a sé l’eventuale caduta? La terza possibilità è che il segretario Cisl minacci lo sciopero, magari addirittura unitario con la Cgil, tenendosi libero di fare un passo avanti o uno indietro a seconda che precipitino gli eventi politici o che la crisi di governo venga spostata in avanti nel tempo.
Anche per Camusso e la Cgil si pone la questione dell’autonomia. Non dal governo naturalmente, ma dal Pd. Se si pensa che al centro delle scelte della Cgil ci sia il rapporto con il Pd, si può capire l’atteggiamento oscillante della segretaria nei confronti della Confindustria, che diventa alleata quando Emma Marcegaglia lancia i sui strali contro il governo e torna controparte ogni volta che il governo si sdraia sul tappetino dei desiderata padronali.
Così come il rapporto della Cgil con Cisl e Uil è ondivago. Susanna Camusso è sempre pronta a offrire una mano ai fratelli reprobi e separati, come ieri in piazza del Popolo alla grande manifestazione dei pensionati Spi dove ha lanciato la proposta di uno sciopero unitario contro il governo, pur aggiungendo che non andrà ad alcun tavolo governativo. Nella partita dell’autonomia si gioca una parte importante del futuro della Cgil. Lo sa bene la Fiom, nella cui storia degli ultimi 15 anni alla parola autonomia si è affiancata quella di indipendenza – da governi, partiti e padroni. I rapporti della Cgil con la Fiom sono inversamente proporzionali ai rapporti tra la Cgil e le altre confederazioni. Anche in questo caso non è estranea la linea imbarazzata del Pd sul fronte sindacale, e confindustriale.
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