Ponte sullo Stretto bocciato dal governo Matteoli sconfessa il viceministro Misiti

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ROMA – Il Ponte sullo Stretto comincia a scricchiolare. Dopo quasi vent’anni di promesse e brusche frenate, di fondi elargiti e poi ritirati, di progetti e polemiche, una nuova bufera si abbatte sull’opera che solo pochi giorni fa la Ue non ha incluso tra quelle prioritarie europee.
Il nuovo colpo ai sostenitori del Ponte, dal costo complessivo di circa 8 miliardi di euro, è partito ieri alla Camera dove grazie a un pasticcio (l’ennesimo) del governo è stata approvata una mozione dell’Idv che puntava a reperire risorse per il moribondo trasporto pubblico locale. Per evitare lo stop dei mezzi pubblici nelle città , la cui rete è stata azzoppata dai tagli ai fondi decisi nelle ultime settimane, la mozione ha messo nero su bianco la «soppressione dei finanziamenti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina», pari a 1,77 miliardi, di cui 470 milioni per il 2012 come contributo ad Anas per la sottoscrizione di aumenti di capitale della controllata Stretto di Messina spa.
Il testo è passato grazie al parere favorevole del governo dato dal viceministro ai Trasporti e Infrastrutture Aurelio Misiti, per paura di andare sotto nelle votazioni. La scelta è stata però subito bollata dall’incredulo numero uno del ministero, Altero Matteoli: «Evidentemente il viceministro Misiti ha espresso un parere a titolo personale, che non corrisponde a quanto pensa il governo né tantomeno il sottoscritto», ha tuonato Matteoli. Sulla stessa lunghezza d’onda la società  Ponte sullo Stretto che in una nota ha spiegato che il voto «non pregiudica lo stanziamento dei fondi già  previsti per la realizzazione dell’opera». Lo stesso Misiti ha sostenuto che in realtà  il governo avrebbe mantenuto la discrezionalità  sul reperimento dei fondi. Sul fronte opposto, però, l’opposizione gongola e si gode l’ennesimo scivolone dell’esecutivo. L’Idv incassa il successo della propria mozione, mentre Legambiente, Verdi, Wwf e il Pd con Michele Meta, Ermete Realacci e il responsabile Infrastrutture Matteo Mauri, chiedono sia messa «la parola fine sul Ponte…».
L’incidente rischia quindi di mettere all’angolo il governo, che si trova nella scomoda posizione di dover reperire, in un momento drammatico per la nostra economia, i 2 miliardi necessari per avviare l’opera o, in alternativa, una somma pari da destinare al trasporto locale. Soldi, è bene ricordare, che erano già  stati messi sul piatto per la costruzione dell’infrastruttura ma che furono poi “deviati” dal ministro Tremonti per coprire l’improvvisa emorragia dovuta all’abolizione dell’Ici nel 2008.
Il tempo stringe e il conto alla rovescia è già  iniziato visto che il Cipe, tra non più di quattro mesi, si riunirà  per mettere il sigillo all’ultimo passaggio, quello fondamentale per posare la prima pietra: l’approvazione del progetto definitivo, il punto di non ritorno oltre il quale lo Stato dovrà  onorare il contratto. La riunione dovrebbe svolgersi entro il febbraio prossimo e, in caso di semaforo verde, i lavori sullo Stretto dovrebbero iniziare a dicembre per concludersi nel 2019.
Ma in caso contrario, se mancassero i fondi sufficienti e in presenza di uno stop definitivo, la parola passerebbe dagli studi di progettazione e ingegneria a quelli degli uffici legali della società  Ponte sullo Stretto e di Impregilo. Nel caso di una improvvisa marcia indietro sul progetto, i privati potrebbero presentare alla collettività  un conto molto salato. Prossimo ai 300 milioni di euro.


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