Eni, la crisi libica non pesa sui risultati Sorpresa in Mozambico, più gas del previsto

Loading

MILANO – Eni amplia le dimensioni della scoperta di gas in Mozambico e diffonde risultati del trimestre giugno-settembre al di sopra delle attese degli investitori, con utile netto rettificato di 1,79 miliardi, sopra le attese degli investitori e trainato dal rialzo del greggio nel periodo (+48% il prezzo di realizzo del barile, rispetto al settembre 2010). L’azione a Piazza Affari guadagna il 3,42% a 16,67 euro, con un rialzo circa doppio rispetto all’indice settoriale Stoxx 600 Oil (+1,81%).
«Nel trimestre Eni ha conseguito risultati eccellenti – ha detto l’amministratore delegato, Paolo Scaroni –. Sono molto soddisfatto del rapido riavvio della produzione in Libia e della riapertura del gasdotto Greenstream. In Mozambico, poi, abbiamo effettuato la più grande scoperta di idrocarburi nella nostra storia». Il manager si riferisce al prospetto esplorativo Mamba Sud 1, nell’Area 4 al largo della costa africana, il cui potenziale di gas si è ingrandito del 50%. Il 20 ottobre era stata resa nota dote di gas da sviluppare da 425 miliardi, mentre ieri l’azienda ha reso noto che «durante la fase di esplorazione a maggiore profondità , Eni ha rilevato la presenza di un nuovo livello mineralizzato che contiene fino a 212,5 miliardi di metri cubi di gas in sabbie pulite di età  Eocenica». Il dato va sommato al precedente, e porta le risorse di Mamba Sud a 637,5 miliardi di metri cubi di gas. Eni ha la leadership dei lavori nell’Area 4, e una partecipazione del 70% nel consorzio, che dovrebbe garantirle una spartizione simile. Gli altri partner, con quote del 10% a testa, sono Galp Energia, Kogas e la locale Enh (10%). Per avere ordini di confronto, l’Italia l’anno scorso ha consumato 81 miliardi di metri cubi di gas. La nuova scoperta ha uno spessore di circa 90 metri mineralizzato a gas, in un pozzo alla profondità  totale di 5.000 metri.
Quanto ai risultati trimestrali, sono migliori del 7% rispetto alle attese del mercato, e in buona parte frutto del rincaro del greggio venduto: da 70 dollari al barile di settembre 2010 a 104 dollari un anno dopo. La produzione si è attestata a 1,47 milioni di barili al giorno nel trimestre, in calo del 13,6%, ma in linea se depurata dallo stop alle attività  libiche causa guerra civile, ora al riavvio e che dovrebbe portare benefici nel risultato d’esercizio. Ma a parità  di vendite, l’utile operativo rettificato è salito del 12,3% a 4,6 miliardi (4,201 miliardi il consensus medio). Eni prevede la produzione di idrocarburi 2011 in calo rispetto al 2010, e un prezzo del petrolio a 111 dollari il barile, più o meno il livello attuale.
Se la parte upstream petrolifera è andata bene (+19,3%), lo stesso non si può dire del settore Gas & Power (-21%), che in uno scenario di eccesso di offerta e domanda debole ha margini penalizzati. Male anche la petrolchimica, che registra «un netto peggioramento della gestione per l’elevato costo della carica petrolifera non trasferito nei prezzi finali»; proprio ieri sera sono iniziate le operazioni di fermata degli impianti a Porto Marghera: serviranno 25 giorni a chiudere. I lavoratori e il comune di Venezia stanno cercando di scongiurare lo stop.


Related Articles

Stipendi, i manager campioni di bonus La classifica delle retribuzioni da record

Loading

Premi e incentivi nelle buste paga dei manager, nonostante i bilanci aziendali in affanno. Il compenso più alto è per Battista (Prysmian). Seguito da Marchionne e Montezemolo. Mentre perdono posizioni Scaroni (Eni) e Conti (Enel)

Gallino: L’Italia del lavoro guidata a marcia indietro

Loading

Basta austerità . Servono occupazione e investimenti per battere la crisi, seguendo la lezione del New Deal. E la riforma del sistema finanziario per evitare altri casi MPS. Ne è convinto l’autore di “Finanzcapitalismo”, che alle prossime elezioni voterà  Sel.

Rinasce il nazio­na­li­smo tracotante tedesco

Loading

La vicenda greca e l’evoluzione interna del qua­dro poli­tico tede­sco ci stanno mostrando sem­pre più chia­ra­mente la rina­scita di un nazio­na­li­smo ger­ma­nico sem­pre più tra­co­tante

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment