Giovani, blogger e artisti: il timore di tornare «ai tempi di Ben Ali»

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 TUNISI. Cosa pensano i giovani che hanno fatto la rivoluzione dei risultati elettorali che hanno premiato il partito islamista En-nahda? Nel suq della Medina molti giovani sostano nei caffè, tra di loro alcuni sono indifferenti, non hanno votato ma sperano in una vita migliore. Ma non tutti sono così indifferenti.

C’è chi, come Yasser Jeradi, un video blogger della prima ora che non si è meravigliato per nulla. «Me l’aspettavo, l’avevo detto a militanti della sinistra quando avevamo fatto delle riunioni per preparare le elezioni. In questo paese bisogna ricreare una cultura che è stata distrutta da Ben Ali, ci vorranno ancora dieci anni di duro lavoro per ricreare una coscienza dei cittadini, anche se è stata molto positiva la partecipazione al voto». Eppure Yasser non sembra disposto ad abbandonare la lotta, i suoi video hanno cominciato a girare su Twitter due anni prima della rivoluzione e continueranno a girare. Ora sta preparando un documentario sulla rivoluzione. Crede molto nella cultura di strada. Yasser è documentarista, cantante, artista versatile anche se per campare vende oggetti d’arte in una boutique del suq della Medina. Una boutique piena di preziosi oggetti che sprigionano pezzi di storia e di civiltà , araba e berbera. La cultura a tempo pieno, come forma di lotta e di vita.
Shouaib Brik, giovane, anche lui artista versatile, passa dalla danza alla musica. E’ però ancora studente, sta facendo un master sulla sicurezza nel sistema informatico. Per mantenersi ha una associazione – Art solution – che organizza eventi. Shouaib è molto spaventato dalla vittoria di En-nahda perché è sicuro che i primi ad essere presi di mira saranno gli artisti. «E’ gia accaduto contro il cinema che proiettava Laicità  inchallah e contro la tv che ha programmato Persepolis», sostiene Shouaib.
A proposito di Persepolis, Yasser sostiene che la sua programmazione ha fatto perdere voti alla sinistra. Mettere in questione Dio alla vigilia delle elezioni non è stata una buona idea, perché in un paese dove la mancanza di cultura fa cercare rifugio nella religione ironizzare sulla fede non è produttivo, sostiene.
Shouaib come Yasser sono comunque convinti a continuare la loro lotta per difendere la cultura. «Ai tempi di Ben Ali non avevamo i mezzi per fare iniziative culturali, ora non sappiamo con chi avremo a che fare nell’amministrazione, ma temo che non riusciremo a fare cultura. E pensare che nei mesi dopo la rivoluzione abbiamo organizzato diversi spettacoli di danza, musica, cinema. E’come essere tornati ai tempi di Ben Ali». Come reagirete a questa situazione? «Come abbiamo fatto il 14 gennaio», data della caduta di Ben Ali, risponde Shouaib mentre scuote la sua chioma di riccioli neri.
A ricominciare dai siti su Facebook che tornano ad essere affollatissimi di messaggi, il ruolo dei socialnetwork non è finito. «Anzi, a volte sostituisce anche la mancanza di informazione, perché il settore dei media è il più carente in Tunisia, non è cambiato sostanzialmente dopo la rivoluzione», sostiene Yasser Jeradi.


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