L’incognita islamista sul dopo-voto

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Internet torna in piazza in Tunisia. Mentre l’Alta istanza per le elezioni (Isie) continua a rinviare l’annuncio dei risultati elettorali, l’attenzione dei giornalisti si sposta di fronte al palazzo dei Congressi. Dalla parte opposta della strada la folla che contesta il risultato elettorale aumenta di giorno in giorno. Più che il risultato elettorale, giovani, donne e uomini, contestano i metodi con cui gli islamisti hanno condotto la campagna elettorale fin dentro i seggi. Chiedono da dove vengono i finanziamenti di cui En-nahda dispone, ben sapendo che arrivano in gran parte dall’estero, nonostante questo sia vietato dalla legge. Vengono persino mostrati versetti del Corano per dimostrare che le contestazioni al partito islamista non hanno nulla a che vedere con la religione, anzi.
I manifestanti sono arrivati in piazza seguendo gli appelli, numerosi, che su Facebook e Twitter chiamano alla mobilitazione. Proprio come era accaduto per la rivoluzione che ha portato alla caduta di Ben Ali. Certo i numeri sono ben diversi, ma la determinazione del popolo tunisino a chiedere i conti alla politica non sembra diminuita. Anche se la loro azione sembra vanificata dalla ratifica delle elezioni libere da parte degli osservatori nazionali e internazionali, che pure hanno rilevato delle irregolarità  ma non tali da mettere in discussione il processo elettorale. Tuttavia qualche effetto la protesta l’ha avuta: ieri sera i manifestantio hanno improvvisato che ha bloccato per ore tutto il centro di Tunisi.
Accanto ai siti web che organizzano la rivolta quelli che richiamano alla calma. Un profilo basso viene mantenuto in queste ore anche dal vincitore delle elezioni. En-nahda (che avrebbe ottenuto dal 30 al 40% dei voti) preferisce mostrarsi con una immagine accettabile da una popolazione che ha vissuto per decenni in un paese laico anche se oppresso da una dittatura sanguinaria.
En-nahda, che ha vinto ma non tanto da governare senza alleanze, chiama tutti i partiti ad una coalizione di governo. Il Partito democratico progressista (Pdp) di Chebbi ha respinto la proposta, mentre è scontata l’opposizione del Partito democratico modernista (Pdm). Una trattativa è invece in corso con Ettakatol (ex Forum democratico per il lavoro e le libertà ) di Mustafa ben Jaafar e con il Consiglio per la repubblica di Marzuki, rientrato in Tunisia dalla Francia dopo la caduta di Ben Ali.
Le dichiarazioni del leader di En-nahda, Rachid Ghannouchi, che solo una settimana fa minacciava la discesa in piazza degli islamisti contro i brogli elettorali, ora ha cambiato tono: si rivolge a credenti e non credenti perché «l’ideologia del partito è abbastanza forte da tenere insieme tutti» e dice di voler difendere il codice della famiglia, il più avanzato del mondo musulmano. Quel che è certo è che le donne non otterranno l’abolizione della discriminazione nell’eredità  (quella delle donne è la metà  rispetto a quella del maschio).
En-nahda vuole accreditarsi come partito fratello dell’Akp turco e, sperando in uno sviluppo economico sul modello turco, ha subito rassicurato gli investitori stranieri sulla buona accoglienza in Tunisia. Tuttavia la politica islamista dipenderà  da quale tendenza prevarrà  all’interno del partito. En-nahda è infatti lacerata da diverse correnti e divisioni, innanzitutto tra gli islamisti dell’interno e quelli rientrati dall’estero dopo la caduta di Ben Ali, i primi hanno passato anni in carcere mentre gli altri hanno seguito evoluzioni diverse a seconda delle esperienze fatte. Ghannouchi viene ritenuto molto vicino al leader dei Fratelli musulmani Yussuf Qaradawi che vive in Qatar e tiene una rubrica su al Jazeera dal titolo «Sharia e vita». In Tunisia finora non si è mai parlato di sharia, ma siccome la maggior parte dei finanziamenti di En-nahda arrivano dal Golfo, e in particolare dal Qatar, fino a dove arriva l’indipendenza dei leader tunisini? E poi ci sono i salafiti, i più duri e puri, che guidano le rivolte contro i programmi culturali laici, che vogliono imporre l’accesso alle università  delle donne con velo integrale e che riempiono la moschea di al Feth nel centro di Tunisi, diventato il loro quartier generale.
E poi quale effetto avrà  sulla Tunisia l’annuncio dell’imposizione della sharia in Libia e l’arrivo dal paese vicino di militanti islamisti e di armi? Molte sono le incognite che pesano sulla Tunisia del dopo Ben Ali.


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