“Se sei romeno o albanese non entri” è polemica sulla discoteca razzista

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PADOVA – Tutti dentro tranne albanesi, romeni, moldavi e tunisini. Che nelle discoteche si faccia una selezione dei clienti all’ingresso, è noto. Di solito si rimbalza o per l’abbigliamento o perché si è troppo su di giri. Ma che i buttafuori respingano gli avventori a causa della loro nazionalità , è pratica a dir poco irrituale. È successo al Factory Club, discoteca padovana amata dagli studenti universitari, e non solo. Il locale è in via Paolo Sarpi, a due passi dalla stazione ferroviaria. Venerdì notte all’ingresso del Factory si presentano due ragazze albanesi: ma vengono stoppate da uno dei responsabili della sicurezza. Chiedono spiegazioni e la risposta del buttafuori non lascia spazio a interpretazioni: «Albanesi, rumeni, moldavi e tunisini non possono iscriversi al circolo Acsi ed avere la tessera per entrare nel locale». Il divieto – come racconta uno dei testimoni che hanno assistito alla scena, Piero Baraldo – viene ribadito, con tanto di elenco delle etnie indesiderate, anche da un altro buttafuori. Questione di regolamento interno. Alla faccia dei diritti delle due ragazze e di tutti gli stranieri finiti nella black list. «Siamo rimasti sconcertati – spiega Gianluca Francescato, anche lui in fila all’ingresso -. L’unica cosa che al momento abbiamo potuto fare è stato boicottare il locale». Sulle disposizioni discriminatorie si è acceso un dibattito anche su Facebook. I titolari del locale, a quel punto, hanno dovuto spiegare. «Noi siamo molto vicini alla stazione – dice Thang Vien, 38enne vietnamita comproprietario del Factory – spesso arriva gente strana. Io non sono certo razzista, ma quando vedo soggetti particolari li tengo fuori per una questione di sicurezza». E le due ragazze albanesi? Erano così «strane» e pericolose? «Non so cosa sia successo: forse erano vestite in modo trasandato. Può darsi che i buttafuori abbiano interpretato in modo negativo il loro stile». Diversa la versione fornita da Sauro Ricci, un collaboratore del locale. «È un problema di quantità , non di discriminazione. Il problema si pone quando arrivano comunità  numerose. Due settimane fa c’è stata una furibonda lite tra albanesi. Noi non possiamo accettare che in questo locale accadano cose simili».


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