Pensioni, la «quota 97» Ecco come cambieranno
Sono queste le ipotesi sul tavolo del governo per rispondere alle decise sollecitazioni del Consiglio europeo. Si riapre dunque il cantiere della previdenza. Al momento, l’anticipo delle quote resta l’ipotesi più probabile. Il veto incrociato sulle pensioni (partiti di maggioranza, di posizione, per non parlare delle organizzazioni sindacali) ha sinora impedito di sopprimere una volta per tutte il pensionamento anticipato, caratteristica tipicamente italiana. Ora potrebbe essere la volta buona. Si è portato a 65 anni il requisito per la pensione di vecchiaia delle donne, anche nel settore privato, ma ci si arriverà nel 2026. Troppo poco secondo la Ue e un accelerazione potrebbe diventare possibile adesso, in alternativa o in aggiunta al tema dell’anzianità .
La vita si allunga. Dal momento che si vive più a lungo, occorre andare in pensione più tardi. È questa la filosofia di base che ha ispirato la legge del luglio 2010, con la quale è stato deciso che i trattamenti pensionistici che si conseguono con il requisito anagrafico (pensione di vecchiaia e pensione di anzianità nel regime delle «quote») dovranno avvenire anche con riferimento all’incremento della speranza di vita. La manovra di luglio ha anticipato al 2013 (dal 2015) tale adeguamento, che avverrà con cadenza triennale in base ai dati Istat. Il tutto viene ora anticipato al 2012. Il primo scatto non potrà comunque superare i 3 mesi. Chi dunque maturerà i requisiti per il pensionamento nel 2012, in realtà vedrà posticipato di 3 mesi il momento dell’effettivo raggiungimento dei parametri. Circa l’ipotesi di quali saranno questi incrementi — si tratta ovviamente di semplici proiezioni, perché il dato certo fornito dall’Istat sull’incremento della speranza di vita sarà disponibile solo al 31 dicembre di ogni anno — si stima, per ogni triennio, un incremento di 3-4 mesi, con questa cadenza: 3 mesi in più nel triennio 2012/2014; quattro mesi in più, per ciascun triennio, dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre del 2030; tre mesi in più, per ciascun triennio dal 1° gennaio del 2031 in poi. Un esempio per capire meglio. Un impiegato (lavoratore dipendente) nato ad aprile del 1947, matura il requisito anagrafico nel luglio del 2012 (3 mesi dopo aver festeggiato i 65 anni): per andare in pensione dovrà aspettare sino ad agosto del 2013.
Anzianità sempre più difficile. Come si sa, dal 1° luglio del 2009 è entrato in vigore il meccanismo delle quote che ha sostituito il paventato «scalone», introdotto nel 2004 dalla riforma Maroni, vale a dire il brusco passaggio da 57 a 60 anni del requisito anagrafico da accompagnare ai 35 anni di contribuzione. In pratica, il pensionamento anticipato si può ottenere solo se sommando l’anzianità contributiva e l’età anagrafica si riesce a raggiungere la quota prevista, ferma restando la necessità di avere in ogni caso una soglia minima di età e i soliti 35 anni di contributi. Per chi non può vantare almeno 40 anni di versamenti, la pensione di anzianità si può ottenere raggiungendo «quota 96», con età non inferiore a 60 anni (quota 97 e almeno a 61 anni i lavoratori autonomi) nel periodo che va dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2012. La quota avrebbe dovuto salire definitivamente a 97, con età non inferiore a 61 anni (quota 98 e almeno 62 anni per i lavoratori autonomi) dal 1° gennaio 2013 in poi. Ebbene, in seguito all’ultimo intervento sulla previdenza sollecitato da Bruxelles il governo pensa di anticipare quest’ultimo passaggio al 2012. Vediamo gli effetti concreti. Prendiamo il caso di un impiegato che raggiunge quota 96 al 30 giugno 2012, potendo far valere 36 anni di contributi e 60 di età appena compiuti. Prima della manovra-bis contava di lasciare il lavoro a giugno del 2013 e, per via della cosiddetta finestra scorrevole (12 mesi di attesa), cominciare a riscuotere la rendita dal successivo mese di luglio. Ora invece per raggiungere il diritto alla pensione dovrà aspettare il compimento dei 61 anni di età (nel giugno 2013), soglia minima richiesta per la quota 97, e attendere l’apertura della finestra a luglio del 2014, dopo aver versato 38 anni di contributi.
Quota 100. Le indiscrezioni danno anche la pensione di anzianità con 40 anni accompagnata da almeno 60 anni di età : la famigerata «quota 100». In buona sostanza, non si potrà più percepire la rendita dall’Inps prima di aver compiuto il 60° compleanno, anche nel caso in cui si possa far valere 40 anni e più di versamenti. D’altro canto — anche l’Ue l’ha sottolineato — la pensione di anzianità è una caratteristica tipicamente italiana che non può essere più tollerata. Ma sarà proprio così? Oppure dall’anno prossimo tutti a 67 anni e non se parli più.
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