Previdenza e vendite di Stato governo, strategia d’emergenza

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ROMA – Tre giorni per mettere sul tavolo idee credibili e scadenze definite, settantadue ore per fare un po’ d’ordine nella marea di proposte e controproposte su cosa fare per riportare l’Italia allo sviluppo. Ora Bruxelles chiede risposte certe e fissa per questo mercoledì, data del prossimo vertice Eurozona, l’appuntamento al quale il governo Berlusconi dovrà  presentarsi con un pacchetto ben definito di misure di risanamento e rilancio. Un pacchetto appunto perché, oltre al decreto Sviluppo che dovrebbe vedere la luce nelle prossime ore (il Consiglio dei ministri sarà  convocato oggi per permettere all’Italia di ritornare davanti alla Ue con un testo già  varato), i provvedimenti cui si pensa per risanare e rilanciare l’economia sono di natura varia.
Se ne parla ormai da mesi e le ipotesi sul piatto sono molte, ma il pressing esercitato ieri nei confronti dell’Italia costringe il governo a passare rapidamente ai fatti. Nelle dichiarazioni rilasciate ieri sera da Berlusconi le misure da adottare emergono con chiarezza: si va verso la vendita degli immobili di Stato, finalizzata a far cassa per raggiungere il pareggio di bilancio del 2013, e verso una nuova riforma delle pensioni. Questione che – a detta del premier – sarà  affrontata già  nel Consiglio dei ministri previsto per questo pomeriggio. I termini dell’intervento, d’altro canto, sono già  stabiliti: scomparsa degli assegni di anzianità  e allungamento dell’età  pensionabile ai 67 anni, un tetto che – ha precisato il premier – dovrà  valere per tutti i paesi europei. Il forte richiamo dell’Europa da una parte, e la presa di coscienza che così fan tutti dall’altra, dovrebbero, secondo Berlusconi, aver ragione sulle resistenze della Lega. «Bossi capirà » ha detto.
Oltre a queste due carte, le più pesanti fra quelle date ormai per certe – c’è poi il corollario di provvedimenti che dovranno fare da appoggio alla ripresa, come le cento agevolazioni alle imprese cui ha accennato lo stesso Berlusconi. Ma in pista resta pure il progetto – targato Tremonti – di varare un piano di sviluppo per il Sud che sfrutti i fondi europei, e l’ipotesi di fare cassa vendendo, oltre agli immobili dello Stato, anche i terreni agricoli pubblici. Interventi di natura varia conditi con un elenco di liberalizzazioni e semplificazioni che dovrebbero togliere le briglie all’iniziativa imprenditoriale.
Un intricato e difficile puzzle i cui contorni dovrebbero essere definiti da Giulio Tremonti, se non fosse che la sua leadership è messa sempre più in discussione dalla stessa maggioranza. Un problema nel problema: «Certo – ha ammesso il sottosegretario alla Difesa Crosetto – prima o poi si porrà  il tema di un ministro che dice l’opposto per il 99,9 per cento rispetto a quello che sostengono gli eletti alla Camera e al Senato del partito che esprime».
Al di là  delle tante e confuse idee sul rilancio, il grande quesito resta infatti lo stesso: si può fare sviluppo a costo zero come Tremonti vuole? Sul tema la maggioranza si spacca. Che le casse siano vuote lo ha ammesso anche Berlusconi e parte del decreto Sviluppo vero e proprio – fra sburocratizzazioni, pagelle on line e biglietti del tram elettronici – sarà  a costo zero, come il ministro dell’Economia vuole. Ma detto questo l’idea di recuperare risorse – oltre che dalla vendita dei gioiello di Stato e grazie ai risparmi previdenziali – anche da pacchetto di sconti fiscali è tutt’altro che tramontata. Di condono vero e proprio non si parla, ma il concordato trova ogni giorno nuovi pareri favorevoli. E’ al centro di un elenco di provvedimenti volti alla chiusura di contenziosi vari che secondo il Pdl potrebbe portare nelle casse dello Stato 10 miliardi di gettito. Resta in piedi anche l’ipotesi patrimoniale e il progetto di un accordo con la Svizzera, che garantendo l’anonimato, consenta di praticare una tassazione una tantum sui depositi di cittadini italiani.


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