“Un incontro con Silvio? No problem Vai e digli che ti manda Lavitola”
ROMA – Della serie “dì che ti mando io”. Il potente Lavitola, quasi fosse un alto funzionario di palazzo Chigi o della Farnesina, viene cercato per fissare appuntamenti tra capi di Stato e Berlusconi. Però, nonostante la sua attività , non riesce a spuntare un posto di sottosegretario. Che pure chiede, anche se adesso il Cavaliere nega. Infine un siparietto tra Fitto e Lavitola.
DI’ “SO’ AMICO DI LAVITOLA”
(17 novembre)
Lavitola parla al telefono con Roberto Guercio, commissario straordinario alle dighe per la Protezione civile, che vuole organizzare un incontro con il presidente del Paraguay Fernando Lugo. E Valter gli dice «dica a Berlusconi che è amico mio».
Guercio «Valter? Mi hanno telefonato da Roma che c’è il presidente del Paraguay qui a Roma per la Fao. Proviamo a realizza’ qualcosa per domani?».
Lavitola «Io te e lui o con Berlusconi?».
G. «Con lui, magari a fallo incontrà con Frattini, se lui si ferma, volevo sapere da te se c’era una possibilità ».
L. «Io te e lui senz’altro. Io non riesco a parla’ con Berlusconi per una cosa importantissima ‘sti giorni perché sta incasinato, però fammi sapere se si deve fare».
G. «Vabbè, io provo a sentire».
L. «Vedi se pure lui, facendo il mio nome, se incontra Berlusconi, se glielo dice. Va da lui e gli dice “guarda io sono amico di Lavitola, vuol venire a piglià un caffè?».
CON LA TUA BENEVOLENZA
(11 novembre)
Il Capitano reggente di San Marino Francesco Mussoni, chiama Lavitola per avere un appuntamento. E Lavitola glielo dà .
Mussoni «Come stai?».
Lavitola «Oh, Francesco carissimo, bene tu come stai?».
M. «Bene. Senti no, ti volevo dire, siccome noi stiamo alla Fao, come capi di Stato e so che ci sarà il presidente, lunedì credo, se potessimo con la tua benevolenza, insomma poterlo incontrare in modo positivo, senza forzature per un colloquio privato sarebbe una cosa piacevole».
L. «Come vogliamo fare, io gli posso dire che tu lo avvicini, gli dici chi sei, gli dici che te l’ho detto io, io glielo anticipo, tu ti metti a chiacchierare due minuti, vi scambiate i telefoni. (…) Io glielo dico senz’altro, tanto dovrei vederlo tra oggi e domani, tu quando sei lì, avvicinalo, presentati, digli che sei mio vecchio amico eccetera, siamo amici da ragazzi, che io ti ho detto che l’avevo avvisato che tu l’avresti avvicinato, che ti faceva piacere stabilire un contatto anche informale perché io sono un suo grande ammiratore, piripim e parapam, e ti faceva piacere fissare un incontro per andarlo a trovare».
VOGLIA DI SOTTOSEGRETARIO
(12 novembre 2009)
Al telefono con Francesco Colucci, questore della Camera, insiste sui sottosegretari. Perché non riesce ad avere un posto.
Lavitola «Cicciuzzo…».
Colucci «Te l’avevo detto che votavamo la legge per tre sottosegretari».
L. «E dove li fanno?».
C. «Mi fai delle domande del cazzo, lo devi chiedere a Berlusconi non a me. Tu mi dici le cose, io te le seguo, ti avviso e poi, quello là ti ha promesso… scusa devi fare tre sottosegretari nuovi e allora per me c’è posto sì o no? Punto e basta, tanto ti dirà sicuramente di no, già li avrà sicuramente collocati».
FERITE SANGUINANTI
(12 novembre 2009)
Con Colucci al telefono Lavitola ammette di aver chiesto a Berlusconi un posto di sottosegretario, ma lui gli ha detto di no.
Lavitola «L’ho chiamato ieri sera e gliel’ho detto “dottore scusi, ma qua hanno fatto tre sottosegretari, ma non ci sta un posto per me stavolta”… lui dice “guarda Valter no”».
C. «Ti ha detto di no?».
L. «No, perché ce ne sono uno per partito, e noi abbiamo delle ferite sanguinanti aperte, ho detto “dotto’ guardi che le mie ferite allora quando sanguinano bisogna lasciarlo scorrere”… e non ho capito… e lui non mi ha detto niente… Poi ho chiamato Fabrizio, oggi ho visto Cosentino che mi ha detto che ne erano quattro».
C. «No, no».
L. «E poi ho sentito Fabrizio, gli ho detto quello che ti ho detto a te, guarda Fabrì che io a lui gli sto facendo una serie di cose importanti. Comincioli m’ha detto che lui non ha mai visto gente che gli produce tanto e non avrebbe motivo di mentirmi».
fitto e il generale
Tra il 26 ottobre e il 5 novembre 2009 si sviluppa un intreccio di telefonate tra Lavitola e il ministro Raffaele Fitto, che il primo vuole vedere per dirgli a voce una «cosa importante». A Roma s’incontrano e stabiliscono un nuovo appuntamento, a pranzo a casa di Lavitola, con il generale della Gdf Paolo Poletti, numero due dell’Aise. Fitto e Poletti si scambiano i cellulari.
(il 26 ottobre Lavitola chiama Fitto)
Lavitola «Ma ti ho fatto qualcosa che non riesco a parlarti da un mese e mezzo?…».
Fitto «No, no Valter … io c’ho tutte queste udienze preliminari che mi rompono i coglioni, sono tre giorni chiuso a sentirmi le telefonate, leggermi le parti, perché devo andare io».
L. «Io ti devo assolutamente dire una cosa importante e che credo si stia sottovalutando… siccome io ti considero un amico mi permetto di farmi, con rispetto, gli affari tuoi, ti volevo informare di una cosa che ti interessa».
(il 28 novembre Lavitola va al ministero da Fitto)
Lavitola «Oh Raffae’ dove sei tu?».
Fitto «In ufficio. Quanto ci metti a venì da me?».
L. «5-10 min…».
F. «Vieni subito dai».
(dall’ufficio di Fitto Lavitola chiama Poletti)
Lavitola «Paolo, quando ci vogliamo mangiare un piatto di pasta con quel mio amico? Settimana prossima? Aspetta un secondo, tu quando potresti? (rivolto a Fitto) Ok tutto libero meno il 4. Ok mo’ vedo allora quando vuole lui, ciao grazie».
(il pranzo si svolge il 5 novembre a casa di Lavitola. Dopo Fitto richiama perché Poletti non gli ha mandato il cellulare)
Fitto «Non ho trovato la telefonata».
L. «Allora segnati il cellulare».
F. «Fammi mandare direttamente una telefonata».
(Lavitola poi chiama un amico dal forte accento pugliese e gli racconta l’incontro)
Lavitola «Senti, ti volevo informare che oggi sono venuti a pranzo da me Raffaele insieme a una persona… che senno’ c’erano dei problemi… e immaginati per scomodarsi lui e venire a pranzo vuol di’ che gli interessava…poi mi ha mandato un sms dicendomi che questo qua non gli aveva telefonato ancora per mandargli il cellulare».
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