Alla fine ci salva sempre la cara vecchia agricoltura

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E sempre con effetti nefasti per ambiente, contadini e consumatori.
Laughlin sostiene che tra due secoli l’agricoltura sarà  fondamentale per continuare a garantirci la vita. Dice che il settore agricolo sarà  il principale produttore di energia nell’era post-fossile. L’idea di coltivare oceani e deserti per non far entrare in competizione cibo ed energia è molto affascinante e neanche tanto fantascientifica. Però bisogna ricordare che il cibo stesso è energia, perché ci nutre e ci fa muovere e perché cresce grazie alla fotosintesi clorofilliana, dunque all’energia del sole. L’agricoltura è sempre stata, lo è oggi e sempre sarà  ciò che ci garantisce la vita.
Una volta presa coscienza di questo assunto banale ma un po’ troppo spesso dimenticato, va però fatto un discorso su come dovrebbe essere l’agricoltura del futuro. Che si debba cambiare profondamente, che la si debba rinnovare è un atto dovuto anche per il palese fallimento del modello intensivo-industriale che ha dominato l’ultima metà  di secolo. Che l’interazione tra produzione di cibo e produzione di energia sia già  nelle cose è dimostrato poi da come facilmente molte aziende agricole facciano già  le due cose insieme. Il problema è che quando prevalgono la concentrazione, l’inseguimento di presunte economie di scala, l’idea per cui l’agricoltura è come uno qualsiasi dei settori industriali – e risponde alle stesse leggi economico-produttive – cibo ed energia saranno sempre in competizione tra di loro. Non bisogna fare “cibo o energia”, ma “cibo e energia”. Potremo coltivare gli oceani, i deserti e anche gli altri pianeti, ma senza cambiare il nostro modo di pensare continueremo sempre a risolvere un problema creandone un altro.
Sono sicuro che ci saranno innovazioni importanti in campo energetico, e tecnologie sempre più pulite per sfruttare direttamente o indirettamente l’energia solare (l’unica vera, enorme, sicura, perenne centrale che ci fa piovere addosso, in ogni momento, enormi quantità  di energia) con tutte le forme che ne derivano. Ma ci vorrà  la consapevolezza che tutto questo andrà  realizzato in un sistema complesso che non dovrà  più essere governato in maniera centralizzata. Ci vorrà  un sistema capillare, diffuso, in cui le comunità  e le persone diventano produttrici di cibo ed energia prima di tutto per se stesse e poi per gli altri, in rete tra di loro. È necessaria una democratizzazione della produzione energetico-agricola, con tecnologie accessibili che si diano come obiettivo primario la sostenibilità  dei processi e non la possibilità  di realizzare speculazioni. Già  ora vediamo come biogas e fotovoltaico, che potrebbero essere dei modi perfetti per integrare la produzione agricola a livello aziendale, in nome del profitto e dei grandi numeri possano diventare altamente insostenibili, ponendosi come alternative, e non complementari, a un’agricoltura che così com’è risulterà  sempre perdente, siccome non riesce più a generare entrate dignitose per i contadini. Per garantire il futuro non sarà  tanto questione di quali tecnologie ci inventeremo, ma piuttosto in quale paradigma le vorremo calare.


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