L’asse Merkel-Sarkozy cerca la svolta salva-Stati “accordo entro mercoledì”
BRUXELLES – Non basterà il vertice europeo di domenica prossima per dare «una risposta globale e ambiziosa» alla crisi dei debiti sovrani. Dopo essersi visti a sorpresa mercoledì sera a Francoforte, Merkel e Sarkozy si sono a lungo telefonati ieri e hanno deciso di chiedere una seconda riunione dei capi di governo europei «al più tardi entro mercoledì». L’obiettivo è quello di arrivare al summit del G20 del 3 e 4 novembre con una proposta complessiva in grado di tranquillizzare i mercati e soprattutto i partner extraeuropei, sempre più preoccupati che la crisi diventi globale e travolga tutti.
Il calendario delle consultazioni europee diventa dunque frenetico. Stasera si riuniranno i ministri dell’eurogruppo. Domani sarà la volta dei 27 ministri dell’economia. Sempre nella serata di domani si terrà un ennesimo incontro bilaterale Merkel-Sarkozy a Bruxelles. Domenica sarà la volta del Consiglio europeo dei capi di governo che esaminerà le proposte sul tavolo senza prendere decisioni. Nel giro delle successive 72 ore un secondo vertice dovrebbe invece arrivare ad una serie di conclusioni operative da portare al G20 di Cannes.
Perché mettere in piedi una simile maratona negoziale? Francia e Germania, si sa, hanno divergenze profonde su alcuni punti della manovra anti-crisi. Ma questa volta Parigi e Berlino dicono di aver trovato un’intesa: «Abbiamo un accordo pieno sulle modalità di intervento dell’EFSF, sul rafforzamento della capitalizzazione delle banche, sulla governance economica europea e sul rafforzamento dell’integrazione economica» dichiarano Merkel e Sarkozy al termine della telefonata. E il ministro delle Finanze tedesco, Schauble, lascia intendere che questa volta le difficoltà vengono da altri Paesi: «Francia e Germania hanno una responsabilità nella guida dell’Europa ma questo non sostituisce i negoziati dei 17 paesi».
Di certo Parigi e Berlino devono finire di convincere Austria, Olanda e Finlandia, gli altri tre Paesi che godono di un rating tripla A, ad accettare il rafforzamento del fondo salva stati e i probabili oneri che ne conseguono. Ma è probabile che la stessa Angela Merkel abbia bisogno di tempo, una volta definito il progetto del piano, per ottenere l’appoggio dei molti falchi della sua maggioranza di governo sia nella Csu bavarese sia nel Partito liberale.
Intanto molte questioni, anche se concordate in linea di massima, devono ancora essere definite da un punto di vista tecnico. E i dettagli, su questo fronte, sono cruciali. Sul default della Grecia, per esempio, occorre definire la portata dei tagli al valore dei bond greci in mano alle banche. Tutti concordano che il 21% di riduzione «volontaria» non basta più. Il secondo prestito da 110 miliardi ad Atene, deciso a luglio, sarà condizionato a un taglio molto più sostanziale e molto meno volontario, che in pratica costituisce un «default» pilotato. La Germania vorrebbe un «haircut» superiore al 50%. Ma una penalizzazione troppo dura delle banche francesi, che detengono larga parte del debito greco, potrebbe dissanguare le casse pubbliche di Parigi e farle di conseguenza perdere la tripla A. Le ultime voci parlando di un possibile accordo su un taglio del 45%.
Anche sulle modalità di rafforzamento del Fondo, le opinioni divergono. Austriaci e olandesi non vogliono sentir parlare di trasformarlo in banca, ipotesi che vede contraria anche la Bce. Si fa strada allora l’idea di anticipare l’entrata in vigore del secondo fondo permanente, l’ESM, dotato di 500 miliardi, e di affiancarlo all’EFSF, con una capacità complessiva di oltre 900 miliardi. Ma anche questa ipotesi finirebbe per gravare pesantemente sui Paesi a tripla A. Convincerli non sarà semplice.
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