Mediatrade, il Cavaliere prosciolto
MILANO — Non regge, al vaglio del giudice dell’udienza preliminare Maria Vicidomini, la tesi della Procura di Milano secondo la quale Silvio Berlusconi, già imputato di frode fiscale nel processo in corso in primo grado sulla compravendita internazionale di diritti tv Mediaset fino al 2002, anche da presidente del Consiglio avrebbe poi concorso nel 2002-2005 a svuotare di 34 milioni di euro la società di cui è azionista di maggioranza, e a frodare il fisco per 8 milioni di euro con effetti tributari sensibili ancora fino al settembre 2009.
Il quadro proposto dai pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro merita, ad avviso del giudice, il rinvio a giudizio di quasi tutti gli imputati, compresi per frode fiscale il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, e il vicepresidente Mediaset e presidente Rti, Pier Silvio Berlusconi: tutti da processare, tranne proprio il presidente del Consiglio, prosciolto non per prescrizione (come altre volte) ma nel merito per «non aver commesso il fatto». «Miracolo a Milano», scherza l’avvocato Filippo Dinacci, mentre Piero Longo, ripresosi dall’altrettanto ironico «sono sotto choc», assicura che «una rondine non fa primavera» e dunque «continua a esserci l’accanimento dei giudici nei confronti di Berlusconi». Il quale, con approssimativa concezione delle distinte funzioni di pm e giudici, denuncia «il grande scandalo» del fatto che «i pm abbiano portato contro di me accuse che i loro stessi colleghi hanno smentito». «Il proscioglimento è una decisione che prende atto delle risultanze processuali — aggiunge il collega Niccolò Ghedini —, questa volta abbiamo avuto un giudice che ha avuto voglia di ascoltarci». Per Ghedini, come per Dinacci, «ora questo giudizio dovrebbe avere ripercussioni sul processo Mediaset»; mentre i pm impugneranno il proscioglimento nella speranza di ottenerne il ribaltamento. Mediaset, per parte sua, ha meno da festeggiare e difatti si lamenta: «Difficilmente comprensibili i rinvii a giudizio degli amministratori di Mediaset per frode fiscale». Confidando che «il dibattimento dimostrerà la loro totale estraneità ».
Entro un mese la giudice (che per alcuni dei rinviati a giudizio ha limato i segmenti di appropriazione indebita fino al febbraio 2004 in quanto ormai cancellati dalla prescrizione) motiverà il proscioglimento del solo Berlusconi. È immaginabile che, diversamente dalle «prove di immediata evidenza» che i pm adducevano ancora di recente in una loro memoria, la giudice non abbia ravvisato agli atti la prova della titolarità di quei «poteri di fatto sulla gestione di Mediaset» che per i pm il premier avrebbe esercitato anche dalla tolda di Palazzo Chigi, benché senza più incarichi ufficiali o poteri di firma in azienda. Il 22 dicembre inizierà quindi il processo a Confalonieri, Berlusconi jr. e altre 9 persone (tra cui il produttore tv americano Farouk «Frank» Agrama) imputate di aver concorso a un sistema nel quale «i diritti di trasmissione forniti dai produttori internazionali, invece che direttamente dai fornitori venivano acquistati da Mediaset a prezzi gonfiati per il tramite di società di comodo riconducibili ad Agrama». Dall’ottobre 2005 i pm milanesi tengono sotto sequestro in Svizzera 100 milioni di euro sui conti della sua «Wiltshire Trading» di Hong Kong: e lo fanno nel presupposto accusatorio che i soldi siano non il frutto di una colossale «cresta» di un Agrama saccheggiatore delle casse di Mediaset (la quale si ritiene invece parte lesa da alcuni propri infedeli manager di livello medio-alto), quanto il portafoglio accantonato da un Agrama «socio occulto» di Berlusconi. Coppia di indagati sciolta però dal verdetto di ieri.
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