Fincantieri, vado a casa e torno

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Ieri è stata la giornata dell’ennesima protesta, in attesa che a Roma si avvii una vera trattativa: i lavoratori diretti e indiretti con centinaia di operai delle riparazioni navali (a levante, tra il porto antico e la Fiera), qualche dipendente della divisione militare di via Cipro e un po’ di studenti, sono andati in corteo dalla stazione di Principe alla sede di Confindustria, davanti a Brignole.
Un lungo corteo per dire agli industriali genovesi che non si vuole che si giochi sulla pelle della gente e nessuno può cannibalizzare il cantiere di Sestri, mettendoci magari, nelle more, un po’ di riparazioni. La questione non è così peregrina, perché l’ex presidente di Confindustria Genova, Marco Bisagno, proprietario dei cantieri di riparazioni navali Mariotti, di recente ha detto alla stampa che il cantiere di Sestri è di serie B e che Marghera e Monfalcone funzionano molto meglio. «Quando un imprenditore dice quelle cose sui giornali bisogna stare attenti – commenta il segretario Fiom genovese Francesco Grondona – chi disprezza ama e in quel modo siamo del gatto due volte. Un conto è Msc, un altro conto altri».
Al grido di lavoro, lavoro, una delegazione di sindacalisti e operai sestresi e delle riparazioni navali, persino alcuni dell’rsu della Mariotti, sono saliti negli uffici di Confindustria disposti a fare un’occupazione simbolica finché qualcuno non avesse risposto in modo chiaro. Un funzionario finalmente si è messo in contatto col presidente Giovanni Calvini in quel momento assente e n’è uscito il seguente verdetto: Bisagno è stato frainteso, tuttavvia il cantiere di Sestri necessita un rinnovamento.
Restyling rischia dunque di diventare la parola d’ordine, ma i lavoratori hanno paura che si traduca in cassa integrazione massiccia. Un operaio della Mariotti rievoca la cessione della Oarn, dove venivano rifinite le navi. Perciò ora contano sull’appoggio del presidente della repubblica Giorgio Napolitano che ha promesso di attivarsi con l’amministratore delegato Bono e il governo. Insomma si cerca di tenere il cantiere aperto comunque, ristrutturazione o meno, anche con 250 degli 800 addetti.
Mentre questi discutevano con gli industriali, nel cantiere di Riva Trigoso e non nella sede di Confindustria a Chiavari per timore di contestazioni, l’azienda è riuscita a mettere l’ultima firma sull’accordo separato, già  sottoscritto una settimana fa da Fim e Uilm.
La Fiom spezzina e genovese non si è presentata. «È un’ipotesi di accordo che prevede 130 esuberi volontari a Riva e 130 a Muggiano nell’arco di quattro anni e sarà  sottoposto ai lavoratori», spiega il segretario regionale Fim-Cisl, Tiziano Roncone. L’accordo è stato firmato anche dalla Uilm e da un rsu Fiom. Divide et impera.


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