L’opposizione tra delusione e accuse

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ROMA — L’operazione «opposizione unita», con strateghi e contabili al lavoro, pallottolieri e Ipad in azione, finisce nel nulla. Il gioco di squadra non funziona e anzi si trasforma in una lite furibonda tra il Pd e i cinque deputati radicali, accusati di alto tradimento per essere entrati in Aula (pur votando no alla fiducia), contribuendo al raggiungimento del numero legale. Insieme a loro, hanno rotto l’unità  delle opposizioni anche i due deputati del Svp, contrari all’«escamotage».

Pier Ferdinando Casini si consola parlando di «vittoria di Pirro». Non esulta il Pd, anche se Pier Luigi Bersani si dichiara ottimista: «Berlusconi morirà  di fiducie. Da questo voto è uscito ancora più indebolito, mentre l’opposizione è convergente». Enrico Letta festeggia su Facebook il quarto compleanno del Pd (ricevendo qualche ironia da chi ritiene che non ci sia niente da festeggiare). Antonio Di Pietro, come sempre, attacca: «Il governo non c’è più. Non ha una maggioranza politica, ma solo numerica». Massimo Donadi chiarisce: «La maggioranza è sgangherata, si tiene insieme con lo scotch». Gianfranco Fini prende atto del voto: «Ma sono molto triste perché tanti ex amici difendono l’indifendibile per mantenere poltrone e poltroncine».

Dario Franceschini, regista dell’operazione quorum, è soddisfatto per «il grande lavoro di squadra dell’opposizione». Della squadra del Pd ormai non fa più parte la pattuglia dei radicali. Lo stesso Franceschini, di prima mattina, chiama Rita Bernardini per convincerla all’Aventino. I radicali si riuniscono in discussione accanita. Emma Bonino è contraria a entrare in Aula e diversi altri temono l’accusa di «tradimento» e la cattiva pubblicità  sulla stampa. Il ministro della Giustizia Nitto Palma si prodiga per convincerli invece a votare. Marco Pannella telefona, la situazione si sblocca e i radicali entrano tutti e votano no. Per il segretario d’Aula Roberto Giachetti (pd ed ex radicale), la loro presenza non è stata decisiva: «Milo ha deciso la partita, Pisacane ha garantito al governo la maggioranza assoluta. I radicali sono stati assolutamente irrilevanti». Non la pensano così altri, come Andrea Sarubbi: «I radicali sono entrati quando il numero legale ancora non c’era».

Bersani vorrebbe abbandonarli al loro destino (i radicali sono stati eletti con il Pd e sono nel gruppo democratico): «Seguano la loro strategia, noi abbiamo altro da fare». Rosy Bindi usa toni che definire aspri è un eufemismo: «I radicali? Quando gli stronzi so’ stronzi, galleggiano senz’acqua». Pannella risponde a muso duro: «La Bindi e il Pd sono fuori di testa. Sono patologicamente masochisti. Noi ci siamo già  autosospesi, siamo fuori da un anno e mezzo». Maria Antonietta Farina Coscioni accusa la Bindi di «delirio di onnipotenza»: «Somiglia alla ranocchia che a forza di gonfiarsi alla fine esplode». Maurizio Turco difende i colleghi: «Paghiamo il prezzo della coerenza. I nostri deputati votano sempre contro Berlusconi: Pd e Idv hanno nominato quattro onorevoli — Scilipoti, Razzi, Cesario e Calearo — che votano per Berlusconi».


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