L’attacco finale… può bastare

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Nel 400 avanti Cristo Platone ne La Repubblica parlò di indipendenza del giudice dal potere politico. Aristotele, nella Politica, delineò l’attività  dello stato in tre momenti distinti: deliberativo, esecutivo e giudiziario. Ma fu Montesquieu, nello Spirito delle leggi, pubblicato nel 1748, che ne teorizzò l’odierna “separazione”. L’idea di base: “chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti (…). Perché non si possa abusare del potere occorre che (…) il potere arresti il potere”. Insomma, secoli – millenni di civiltà  interrotti da imperatori, accentratori, barbari, duci e qualche premier, come Craxi a casa nostra, che tentò ma non riuscì di assoggettare il potere giudiziario all’esecutivo….Il revisionismo storico riesce ancor oggi a dedicargli piazze o strade. Pazienza.

In tutti i sistemi democratici l’intervento giudiziario è in espansione. Qualche esempio: Clinton è stato processato per una macchia sul suo abito; in Israele il presidente della Repubblica Katsav si è dimesso perché accusato, più o meno, di un rapporto amò di Clinton. In Francia l’ex primo ministro De Villepin è stato coinvolto in un affare di tangenti per alcune fregate vendute a Taiwan. E così via. Secondo Gian Carlo Caselli il caso italiano non fa eccezione, ma presenta una specificità  che lo rende anomalo: “il magistrato che tocca certi interessi deve mettere in conto che potrà  subire un’aggressione, fatta di insulti (fresco di giornata quello che nella giustizia penale ci sono schegge impazzite che puntano all’eversione) e di ostacoli vari frapposti alla sua azione. Un accerchiamento che si risolve in un sostanziale rifiuto della giurisdizione o nel tentativo di piegarla ad interessi di parte. È questo il quadro che finiscono per disegnare alcune iniziative dell’attuale maggioranza in tema di giustizia (e si fa per dire: perché in realtà  si tratta di interventi che hanno nel mirino il sereno esercizio della giurisdizione, mentre poco o nulla si continua a fare per la giustizia vera e propria, cioè per un miglior funzionamento del sistema). Il premier e i suoi epigoni (condizionati dall’ossessione del primo per i suoi problemi giudiziari) sfornano a ripetizione interventi che vanno appunto nella direzione dell’accerchiamento. Un giorno si parla di “processo breve”, ma tutti capiscono che l’obiettivo è far svanire – fra i tanti – due noti processi per frode fiscale e corruzione in atti giudiziari. Il giorno dopo si parla di “processo lungo”, con una tendenza preoccupante alla schizofrenia e comunque mettendo in cantiere un progetto assurdo visti i tempi biblici della giustizia, ma utile a far precipitare altri processi “eccellenti” nel baratro della prescrizione. Poi c’è la riforma delle intercettazioni, che mentre impedisce di conoscere i vizi (pubblici o privati) di chi non ama troppi controlli, riduce pesantemente i poteri di indagine della magistratura. Come se ai medici si togliessero le radiografie, indispensabili – come le intercettazioni – per scoprire mali che altrimenti resterebbero nascosti”. Sullo sfondo la tempesta delle polemiche scatenate senza sosta contro i giudici. A partire dal colore turchese dei loro calzini proseguendo con gli ammonimenti a non parlare troppo disinvoltamente di giustizia (in un paese in cui tutti ne parlano, spesso con toni da bar dello sport).

Insomma, siamo all’attacco finale. E ciò riguarda tutti i poteri: terzo, secondo e quarto. Si rafforza solo il primo. Questa legislatura ha offeso il potere legislativo esercitato in parlamento. Non solo le esternazioni del premier con il suo “basterebbero i capigruppo” ma anche l’esorbitante numero di decreti legge del suo Governo che umilia le Commissioni. Sono stati spesi anni, denari e tempo per occuparsi di cose che riguardano la vita privata di una persona malata oltre la dignità  di un intero paese tralasciando le emergenze vere.

L’attacco non salva il quarto potere. La censura esercitata su “Anno Zero”, i ritardi su “Che tempo che fa” o il fatto che non vada in onda “Parla con me” della Dandini sono solo la punta dell’iceberg. Tutti i programmi a più alto ascolto e reddito della RAI hanno subìto ridimensionamenti d’organico o il non rinnovo di contratto. Inoltre anche internet subirà  una sferzata. Certo. Se mostri nulla il pubblico spegne la TV ed accende il monitor. Il ddl intercettazioni che l’attuale maggioranza di governo sta per approvare in Parlamento, secondo la FNSI, vieta la pubblicazione delle intercettazioni disposte dai magistrati (anche dopo la loro divulgazione alle parti del processo). Una legge – per esempio – secondo cui un’intercettazione potrebbe essere letta in pubblico dall’avvocato della persona intercettata ma non pubblicata su un giornale. Una legge – per fare un altro esempio – secondo cui la replica di parte prevale sulla ricostruzione giornalistiche, inquinando proprio l’informazione più responsabile e professionale”. La stessa legge mette sotto accusa internet, i blog, le nostre fonti d’informazione. Sottoscriviamo, quindi, l’appello degli editori per una ‘libera informazione’ che verrà  presentato alla Fiera del libro di Francoforte. Valigia Blu scrive, a tal proposito, all’Unione Europea: “ci avete imposto le misure economiche ora ‘imponeteci’ la libertà  di stampa”. Libertà  che vede il Belpaese regredire di anno in anno e, paradossalmente, regimi come la Birmania salire poco a poco la classifica mondiale.

Oggi si voterà  la fiducia. Per l’ennesima volta. Ci rivolgiamo ai pochi moderati di centro destra con i quali abbiamo avuto occasione di lavorare in questi anni. Facciamo basta. Grazie.


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