Ispettori a Napoli, l’ira di Lepore “Vogliono delegittimare la Procura”

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NAPOLI – «Vogliono depotenziare e delegittimare l’ufficio», sbotta il procuratore Giandomenico Lepore. Più dell’ispezione disposta dal ministro Nitto Palma, è il vento che spira attorno alla Procura che non piace al capo dei pm di Napoli finiti sotto il tiro di via Arenula, del centrodestra e di uno degli indagati “eccellenti”, il deputato del Pdl Alfonso Papa, detenuto dal 20 luglio nell’inchiesta P4. «È vero, chi tocca i fili muore commenta Lepore – gli attacchi ci sono sempre stati, stavolta però li trovo eccessivi. Non me li spiego anche perché non abbiamo più l’inchiesta madre», vale a dire il fascicolo sul caso Berlusconi-Tarantini, ora diviso per competenza territoriale fra Roma e Bari, ufficio dove gli ispettori si occuperanno dei presunti ritardi nella conduzione dell’inchiesta sul caso escort. A Napoli le verifiche riguarderanno la citazione a comparire del premier come persona informata dei fatti, oltre alle fughe di notizie (ma sullo scoop di Panorama che aveva anticipato la richiesta di custodia per Giampaolo Tarantini e Valter Lavitola le indagini sono a buon punto) e il nodo degli avvocati sentiti come testi e liberati dal segreto professionale. «Ben vengano gli ispettori, siamo sereni, abbiamo sempre rispettato le regole», assicura Lepore, che invierà  a Perugia gli articoli sulla lettera nella quale Papa parla di presunte pressioni (escluse con sdegno dalla Procura) per costringerlo ad accusare il premier. Non si occuperà  personalmente degli accertamenti il capo degli ispettori Arcibaldo Miller, che nella procura napoletana ha lavorato per oltre vent’anni. Il magistrato è peraltro citato (ma non indagato) in alcune intercettazioni dell’inchiesta P3 della Procura di Roma, vicenda che il Csm a giugno aveva archiviato in base al principio che impedisce il trasferimento d’ufficio di toghe fuori ruolo. Nel frattempo però la terza commissione di Palazzo dei Marescialli, cui la delibera su Miller era stata trasmessa dal plenum, ha chiesto all’ufficio studi un parere «a carattere generale» sulla possibilità  per l’organo di autogoverno dei magistrati di revocare l’assegnazione fuori ruolo dei magistrati.

Va avanti intanto l’indagine P4. I pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio, con il procuratore aggiunto Francesco Greco, lavorano all’analisi del computer del lobbista Luigi Bisignani, agli arresti domiciliari da metà  giugno, e delle caselle di posta elettronica sulle quali erano conservati anche file recanti la definizione “classified” delle autorità  americane. La Procura attende da Google risposte alla rogatoria internazionale avviata dopo la scoperta sul pc di Bisignani di un file “trojan” in grado di intercettare dati e spedirli verso account di posta elettronica riservatissimi. Le indagini delegate alla Guardia di Finanza hanno accertato che tra le 2,58 dell’8 luglio scorsoe le 2,58 del 14 luglio la linea telefonica intestata a Bisignani, allora già  agli arresti domiciliari, si è più volte collegata ai tre indirizzi mail sotto inchiesta. Così nei giorni scorsi è scattata la nuova perquisizione con il sequestro del computer. All’udienza di Riesame celebrata ieri la Procura ha comunicato la restituzione del pc, gli avvocati di Bisignani hanno contestato la presunta «illegittimità » del sequestro.


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