Nel deserto o in mezzo al mare altri 14 italiani ancora prigionieri

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La pratica dei sequestri è diventato il business del nuovo secolo: una vera industria, soprattutto in Africa, che non si limita ai pirati somali. Catturare degli ostaggiè facile, fa guadagnare soldi, condiziona le economia degli Stati, altera gli equilibri geopolitici, accresce il potere dei clan, dei gruppi criminali, delle bande improvvisate. Ci troviamo davanti ad una forza economica che spesso supera le dimensioni e il potenziale dello stesso narcotraffico. C’è soddisfazione per i 23 marinai della “Montecristo”, tra cui sette italiani, tratti in salvo. Ma non bisogna dimenticare che altri 14 ostaggi italiani restano ancora prigionieri.

NELLE MANI DI AL QAEDA Maria Sandra Mariani, 52 anni, di San Casciano Val di Pesa, in Toscana, ama l’Algeria. Ci andava appena poteva. L’ultima volta aveva deciso di raggiungere degli amici nel sud del paese. Un gruppo di 15 militanti di Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) la blocca il 2 febbraio di quest’anno nella regione di Alideua, 250 chilometri a sud di Djanet. Le ultime sue notizie risalgono al 2 maggio scorso: il giorno in cui è stato ucciso Osama Bin Laden. Un video la ritrae in mezzo la deserto del Mali con due uomini che le puntano un fucile alla nuca.

IL DRAMMA DELLA SAVINA Hanno fatto di tutto i familiari dei 5 marittimi italiani imbarcati sulla petroliera Savina Caylin, degli armatori napoletani D’Amato e sequestrati dai pirati somali l’8 febbraio scorso. Prima hanno rispettato il silenzio imposto dalle nostre autorità , poi sono scesi in piazza esasperati, hanno ottenuto un intervento del Papa, del presidente Napolitano, hanno riempito piazze e vie di Procida. Oggi i familiari pensano ad una colletta per raccogliere il riscatto richiesto.

FANTASMI SENZA NOTIZIE Di altri sei italiani imbarcati sulla nave Rosalia D’Amato, un burk carrier della compagnia Perseveranza Navigazione, non si hanno notizie dal 21 aprile del 2011. Le uniche novità  sono fornite dai parenti dei 15 marinai filippini. Sono allarmati per le loro pessime condizioni di salute. Si denunciano casi di tubercolosi. Sei mesi rinchiusi nella stiva, tra violenze e scarso cibo, creano allarme e angoscia.

CATTURATO NEL SUO BUNGALOW Pochi ricordano il caso di Franco Lamolinara, 47 anni, di Gattinara, nel Novarese, tecnico di una società  svizzera di costruzione, la Stabilini Visioni Limited. La notte del 12 maggio del 2011 si trovava nel suo bungalow a Birnin Kebbi, uno stato nel nord della Nigeria al confine con il Niger, assieme ad un collega britannico. La sua presenza è stata segnalata da qualche complice dei sequestratori. Vendere un potenziale ostaggio equivale allo stipendio di un anno.

TRA I DANNATI DEL DARFUR Le ultime notizie annunciavano la sua imminente liberazione.

Ma di Francesco Azzarà , 34 anni, di Motta San Giovanni, Reggio Calabria, logista del centro pediatrico di Emergency in Sudan, non si hanno ancora notizie. E’ stato rapito da un commando di banditi il 14 agosto di quest’anno. Stava percorrendo la strada dell’aeroporto di Nyala, sud Darfur. I negoziati sono in corso. Ma, come dicono i mediatori, “i tempi sono quelli africani”.


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