Il Cairo, esplode la protesta dei copti è battaglia con l’esercito: 23 morti

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GERUSALEMME – La violenza settaria, che può precipitare l’Egitto in una guerra civile a sfondo religioso proprio mentre il paese è nel pieno di una delicata transizione verso la democrazia, è tornata ad esplodere ieri con brutale ferocia dopo che una manifestazione di cristiani coopti è stata prima attaccata da gruppi di provocatori e quindi violentemente fronteggiata dalle forze dell’ordine. Fra tutti gli incidenti esplosi dopo la caduta del regime di Hosni Mubarak questo è sicuramente il più grave e non soltanto per il numero delle vittime, 23, cui vanno aggiunti 174 feriti, ma anche perché la carneficina solleva pesanti dubbi sulla credibilità  del vertice militare che si è assunto la responsabilità  di guidare l’Egitto verso un regime democratico. Anche questa esplosione di violenza inter religiosa, come altre in precedenza, ha un antefatto maturato in provincia, e segnatamente nella regione di Assuan, una delle stazioni turistiche più affascinanti dell’antico Egitto. È qui che venerdì scorso, secondo le testimonianze rimbalzate al Cairo, una folla di militanti musulmani ha attaccato una chiesa copta quasi distruggendola, dopo che, sostengono i cristiani, s’era sparse alcune voci secondo cui l’edificio religioso era stato costruito senza i permessi richiesti dalla legge. In seguito a quest’episodio, vissuto come l’ennesimo atto di violenza e di discriminazione a danno dei cristiani che rappresentano una cospicua minoranza nella società  egiziana (circa il dieci per cento degli oltre 80 milioni di abitanti) i copti sono scesi in piazza ad Alessandria (dove l’ultimo dell’anno, in coincidenza con il loro natale è stato compiuto un grave attentato contro la Chiesa dei Due Santi) ed al Cairo.

E proprio nella Capitale egiziana la manifestazione s’è trasformata in tragedia quando alcune centinaia di cristiani si sono diretti dal quartiere copto di Shubra verso il centro della città , il palcoscenico permanente della rivoluzione sin dal 25 Gennaio, il magnete di tutte le proteste che si sono susseguite da quel giorno.

Piazza Tahrir. Gli incidenti sono esplosi prima ancora che il corteo raggiungesse la meta desiderata. Quando i manifestanti erano ancora a Shubra gruppi di provocatori che, accusano i copti, sarebbero stati mandati da chi starebbe tramando una “controrivoluzione”, hanno lanciato pietre e bombe molotov contro il corteo. Per evitare altri incidenti la polizia militare ha addirittura bloccato gli accessi al quartiere ma questo non ha soppresso la manifestazione che si è diretta sul Lungonilo, allo scopo di raggiungere Piazza Tahrir. «Eravamo quasi arrivati al palazzo della Tv di Stato – ha raccontato Talaat Yussef alla Tv Al Arabya, quando la polizia militare ha cominciato a spare colpi di fucile contro di noi». E’ stato il segnale della battaglia.I dimostranti hanno reagito con lanci di pietre e di bottiglie molotov. Decine di dimostranti sono caduti gravemente feriti.

Ma molti altri hanno cercato di resistere ai poliziotti. Nell’aria satura di gas lacrimogenie del fumo provocato dalle auto in fiamme, è esplosa la violenza da una parte e dall’altra. Scontri a colpi di bastone su un ponte. Blindati dell’esercito lanciati a tutta velocità  contro i dimostranti. Ma anche gruppi di militanti che circondano militari feriti per strappare loro le armi ed usarle. Tuttavia un primo bilancio degli incidenti assegna ai civili il maggior numero di perdite, 18, contro 4 militari caduti.

A sera inoltrata la calma non è ancora tornata per le strade del Cairo, circa 3000 persone s’erano ritrovate a Piazza Tahrir, gridando uno slogan già  ascoltato: «Cristiani e musulmani sono una sola mano». Lo stesso che abbiamo sentito ad Alessandria, dopo l’attentato suicida e al Cairo, dopo altri sanguinosi incidenti. Poi le autorità  decretano il coprifuoco.


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