Pisapia: “Da soli non si vince né si governa i partiti ascoltino chi vuole partecipare”
MILANO – «Cari amici dell’Italia democratica e della Costituzione, benvenuti a Milano, dove è partito il rinnovamento del Paese, la città vi accoglie come un segno di speranza». Giuliano Pisapia ha appena parlato all’Arco della Pace, dove i ventimila gli hanno tributato un’ovazione, e sta correndo a Torino, a un seminario antimafia del Gruppo Abele di don Ciotti. Sceso dal palco, insiste: «È davvero arrivato il momento di fare un grande cambiamento grazie a una rinnovata partecipazione politica».
Sindaco, che cosa significa?
«Che l’impegno diretto dei cittadini sarà determinante per far cambiare la linea politica nazionale del centrosinistra. È sempre più difficile pensare che i partiti, il cui ruolo resta fondamentale, possano da soli, senza allargare gli spazi di partecipazione, vincere le prossime elezioni e governare».
Ogni riferimento alla sua giunta è puramente voluto?
«È sempre così. Dopo i bei momenti dell’unità arrivano gli screzi, le punzecchiature… Cose del tutto comprensibili, ma che portano con sé la sfiducia dei cittadini nelle possibilità di cambiamento. Lo scopro giorno dopo giorno: governare è difficile, ci vogliono scelte e segnali forti. Voglio dirlo così: bisogna allargare la coalizione a quella che io chiamo “cittadinanza attiva”. Mi pare fosse proprio questo il messaggio della manifestazione di Libertà e giustizia a Milano».
In piazza lo dicevano in molti: ci mobilitiamo senza e nonostante i partiti. Sono le sirene dell’antipolitica?
«Ma no. Semmai questa piazza mostra di voler contrastare l’antipolitica con la buona politica. La prima fa vincere la politica peggiore, perché mette tutti sullo stesso piano. Così non è, ma bisogna dire che ci vogliono forme nuove di confronto, in fondo è quello che sto cercando di fare io. Consapevole delle mille difficoltà che si incontrano nel governare: nessuno ha la bacchetta magica».
Dunque?
«Chi governa, a tutti i livelli, deve saper dialogare con la cittadinanza attiva, tenere in massimo conto le competenze di quelli che vai a nominare, e anche stare ancorato alle piccole cose che contribuiscono alla qualità della vita degli amministrati: le buche da riparare, le strade che si allagano… Solo così si possono conseguire risultati anche sulle grandi scelte, risultati che a Milano arriveranno in tempi non stretti, ma ragionevoli».
Dal palco molti hanno detto che la questione morale fa tutt’uno con quella sociale. Concorda?
«Tutto è collegato. Ma in questo momento il rischio è di non avere un’alternativa credibile».
Come si fa a evitarlo?
«Basterebbe finirla con l’andazzo di considerare di più gli interessi di partito rispetto a quelli generali, anche nella coalizione. Ed avere ben chiaro, come è emerso anche da questo raduno milanese, che le risorse esterne ai partiti sono una ricchezza, non un disturbo. Berlusconi lo mandiamo via solo se siamo capaci di non rinchiuderci in noi stessi».
C’è chi accosta questa stagione a quella di Mani pulite…
«Accostamento da escludere, nel modo più categorico. Questi cittadini che scendono in piazza non delegano più nessuno: neppure la magistratura».
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