Pdl, sfida finale a Tremonti “Sì ai condoni fiscale e edilizio”

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ROMA – Giulio Tremonti alza le barricate contro il condono ma è sempre più solo nella sua maggioranza. Nel giorno due della battaglia, si defila la Lega ma scende in campo un pezzo da novanta del Pdl come Fabrizio Cicchitto: «Non si può escludere il condono edilizio e fiscale per trovare le risorse necessarie ad abbattere il debito». È d’accordo il ministro delle Infrastrutture, Matteoli: «Quando si è in emergenza si possono prendere soluzioni impopolari che di norma scarteremmo». E Osvaldo Napoli (Pdl) pur di liberarsi di Tremonti propone di «nominarlo governatore di Bankitalia». Affermazioni che infiammano gli animi: «Discutere di un nuovo condono per permettere a chi ha creato il disastro di non pagare le tasse, è un’offesa alla dignità  dei cittadini», tuona Antonio Di Pietro. «È immorale e diseducativo rispetto a chi fa il proprio dovere», spiega Pierferdinando Casini. «Non cerchino – dice Enrico Letta – di inventare ragioni per introdurre la più ignobile delle norme. È ridicolo pensare che sia uno strumento per abbattere il debito». E il responsabile economico dello stesso Pd, Stefano Fassina, rincara: «È la foglia di fico come lo era il richiamo agli investimenti per lo scudo. La verità  è che il degrado morale, prima che economico, generato da Berlusconi non ha limite».
A quest’ultimo proposito, c’era ieri chi notava che negli stessi giorni in cui il premier lancia “Forza Gnocca”, il ministro dell’Economia affida all’Avvenire la sua posizione. «Qualsiasi condono vanificherebbe gli sforzi per la lotta all’evasione che abbiamo appena avviato», spiega Tremonti dalle pagine del quotidiano cattolico. La polemica si incrocia con quella sulla patrimoniale, sulla quale Gianfranco Fini commenta: «Berlusconi non la vuole perché danneggia i suoi interessi». Alla base di tutto resta un problema chiave, e cioè se nel decreto-sviluppo che dovrà  essere presentato il 20 ottobre (domani riprendono gli incontri tecnici al ministero di via Veneto con Tremonti verosimilmente sempre assente) dovranno essere inserite risorse ad hoc oppure no. La cifra che circola è di 6 miliardi, che si potrebbero forse raccogliere con una patrimoniale o appunto con il condono. Ma Tremonti si oppone lancia in resta e ricorda i nuovi strumenti di lotta all’evasione: «Abbiamo stabilito che scompare sul serio il segreto bancario ma pochi se ne sono accorti».
In effetti, anche se l’abolizione del segreto bancario risale al 1973, il decreto di agosto apre all’Agenzia delle Entrate un’autostrada che, a volerla percorrere, conduce dritto agli evasori. Visto che la manovra e una serie di misure precedenti hanno creato una maxi-posta di bilancio “recupero dall’evasione” già  contabilizzata a fronte di spese quelle sì sicure, se arrivasse un condono farebbe piazza pulita: per questo Tremonti parla di “operazione in perdita”. Il condono porterebbe somme inferiori a quelle che, usando l’armamentario di strumenti dalle “liste selettive” bancarie alla stretta sulle società  di comodo, potrebbero essere recuperate con la lotta all’evasione.


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