Unità  d’Italia, la beffa delle opere fantasma

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Dovevano essere i gioielli che l’Italia si regalava per i suoi primi 150 anni. Strutture tirate su per suscitare l’orgoglio degli italiani. E invece la storia ha preso un’altra piega, che racconta di ritardi e costi triplicati, denaro pubblico sprecato, accuse di corruzione, grandi opere già  ribattezzate grandi incompiute. L’auditorium di Isernia, ad esempio. Doveva essere pronto il 29 marzo scorso e costare 23 milioni, se ne spenderanno almeno 55 e per l’apertura toccherà  aspettare il prossimo anno. O il museo della Magna Grecia a Reggio Calabria. L’inaugurazione era fissata per il 31 dicembre, con il gran ritorno dei Bronzi di Riace. Ma il restauro si è bloccato, la ditta sta smobilitando. E ancora, il Palacinema sul Lido di Venezia. Buttati via 37 milioni di euro per scavare le fondamenta prima di accorgersi che il terreno era pieno di amianto. È rimasto un buco coperto da un pietoso telo bianco. Una metafora di come sono stati gestiti i lavori dei 150 anni dell’Unità  d’Italia.
Poi ci sono i conti, che non tornano. Le nove grandi opere dovevano costare 374 milioni di euro ed essere realizzate, si legge nelle ordinanze del 2007, «in tempo utile per i festeggiamenti». Siamo già  a 500 milioni e su nove solo due hanno rispettato la consegna. Alcune non apriranno nemmeno entro l’anno, altre faranno inaugurazioni fittizie. Mancano ancora 138 milioni e i soldi – questo è il punto – sono finiti.
Alla Ferratella il coordinatore della Struttura di Missione Giancarlo Bravi, seduto sulla poltrona che è stata di Mauro Della Giovampaola (arrestato nel febbraio del 2010 con l’accusa di corruzione), scorre con gli occhi le relazioni sullo stato di avanzamento. «I fondi non bastano – sillaba – ce ne servono altri dieci per Isernia e sei per Reggio Calabria». Pausa. «E poi, certo, c’è il grande problema di Firenze… ». Per risolverlo, quel problema servono altri 109 milioni di euro.
Il mega cantiere di Porta al Prato (54 mila mq, costo complessivo 265 milioni) è un formicaio. Si lavora anche di notte per permettere al maestro Zubin Metha di tenere il primo concerto il 21 dicembre. Sarà  però un’inaugurazione monca. Per quella data sarà  sì completato il teatro lirico da 1800 posti, previsto nel primo stralcio da 157 milioni (quando la gara è stata vinta dalla Sac-Igit l’appalto era di appena 69 milioni). All’esterno però non ci saranno i parcheggi, i servizi, l’altro auditorium più piccolo da mille posti. Lavori previsti nel secondo stralcio, da 109 milioni, privo di finanziamento.
Bisogna rileggere la tabella dei costi per capire cosa è successo. La ristrutturazione del Teatro San Carlo di Napoli, affidata dalla Regione Campania alla Cobar per 54,7 milioni, è costata 72,8 milioni. La gara è finita sotto inchiesta. L’ampliamento dell’aeroporto di Perugia, con la nuova aerostazione di Gae Aulenti, i lavori da 25,8 milioni sono arrivati a 44. Il restauro del museo di Reggio Calabria, da 19,4 milioni a 22,8. L’auditorium di Isernia, aggiudicato a 23 milioni, costerà  più del doppio. «Colpa di un uso distorto dell’appalto “integrato” – spiega l’avvocato Andrea Mascolini dell’Oice, l’associazione che rappresenta le società  di ingegneria e architettura aderente a Confindustria – si fa una gara in base al solo progetto preliminare, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La ditta che vince in fase esecutiva fa sempre riserve al capitolato iniziale, non previste nel bando di gara. È così che i costi sono stati gonfiati».
Costi lievitati e ritardi. A Perugia i lavori finiranno a novembre «ma la struttura sarà  operativa – spiega Bravi – solo a giugno 2012». A Reggio Calabria il sovrintendente ai Beni archeologici Simonetta Bonomi è disperata: «Non sono arrivati i 6 milioni promessi dal Cipe, mancano tutti gli allestimenti». A Ospedaletti, in provincia di Imperia, si chiedono perché i 24 chilometri della ciclopista del Parco del Ponente ligure, già  inaugurato, si interrompano all’improvviso proprio lì. Mancano un chilometro e mezzo di pista e una galleria di 400 metri.
Anche l’auditorium di Isernia è in “odore” di incompiuta. Questo bestione da 30 mila metri quadrati aprirà  per il tempo di un concerto il 15 dicembre, per la chiusura del primo lotto. Poi, dopo gli applausi del pubblico, richiuderà . Per il secondo lotto – negozi, cinema, l’anfiteatro, la galleria – mancano secondo la Struttura di missione dieci milioni. «Almeno 23», sostiene invece Franco Valente, architetto molisano, che ha creato un blog- osservatorio sull’auditorium. Una cifra mai smentita dalla Struttura di Missione. «Qui ha gestito tutto Fabio De Santis prima di essere arrestato – racconta Valente – si voleva addirittura finanziare la ricostruzione di una chiesa con i soldi dei 150 anni».
Paradosso nel paradosso, Isernia (23 mila abitanti) ha già  un altro auditorium e varie sale multiuso. «Quei soldi – polemizza Michele Petraroia, consigliere regionale del Pd – si potevano utilizzare per dare una casa a quel 70 per cento di famiglie che, dopo il terremoto del 2002, vive ancora nelle baracche». Roba da diventare rossi come le camicie di Garibaldi.


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