«Più grave rubare una mela o distruggere la privacy?
ROMA — Maurizio Paniz, avvocato di grido ormai oltre i confini del Veneto e deputato in ascesa nel gruppo del Pdl, la mette così: «È più grave il furto aggravato di una mela, punito con il carcere da tre mesi a tre anni, o la violazione del segreto d’indagine con la pubblicazione illegale di un’intercettazione irrilevante ai fini penali che poi finisce per distruggere la privacy di una persona? Ve la ricordate o no quella ragazza che in tutti i modi sta tentando di dimostrare che lei non è una escort? Io, da avvocato, ne ho visti troppi di clienti finire nel tritacarne e per questo ho sofferto con loro».
Dice questo l’onorevole con il volto da montanaro risorgimentale — lo stesso che in Aula sostenne urbi et orbi l’asserita parentela tra Ruby «rubacuori» e il presidente Mubarak — per perorare la tesi secondo la quale contro i cronisti troppo audaci ci vuole il carcere: «Chi viola le regole deve essere colpito con una pena severa, che poi lasci traccia nel certificato penale, perché la semplice sanzione pecuniaria serve a poco in quanto, alla fine, la paga l’editore compensato da un profitto notevole legato alla diffusione del gossip». Sì, va bene: ma quanto carcere servirebbe per costituire un deterrente valido contro la fuga di notizie? «Il minimo, da 15 giorni a un anno», lasciando dunque al giudice la possibilità di convertire in sanzione pecuniaria almeno la detenzione fino a sei mesi. In pratica, conclude Paniz, «il giornalista non andrebbe in prigione ma il suo certificato penale non sarebbe più vergine. E una seconda volta ci penserebbe bene a violare nuovamente il segreto».
Paniz condivide la sua idea di mettere le manette ai cronisti con alcuni colleghi parlamentari che sciamano lungo il Transatlantico ma non convince il ministro della Giustizia, Nitto Francesco Palma, che pure è un duro come lui: «Non penso che questa proposta sia interessante…», lo gela il Guardasigilli. Ma Paniz ormai è una star: «Caro Maurizio, per la Corte costituzionale ho votato per te», gli dice un deputato del Pdl. E lui, da vero gentiluomo qual è, si schermisce: «Lusingato, ma non avrei i requisiti per la Corte». Poi altri colleghi, uomini e donne, gli si avvicinano con fare complottardo: «Sì, ci vediamo stasera a palazzo della Cancelleria, mi raccomando puntuali». Passa pure l’ex direttore dell’Unità Walter Veltroni — che non può certo essere sospettato di voler mettere in galera i cronisti — che si scusa: «No, perdonami. Io non ci sarò. Vado a Otto e mezzo dalla Gruber». Insomma, non si capisce cosa stiano tramando Paniz e i suoi fan trasversali ma poi è lui a chiarire l’equivoco: «No, le intercettazioni non c’entrano nulla. Stasera (ieri; ndr) a palazzo della Cancelleria, rigorosamente in zona extraterritoriale, c’è la cena dei club della Juventus: quello del Parlamento presieduto dal sottoscritto, che conta 149 iscritti compresi sette ministri in carica, quello del Vaticano presieduto dal cardinal Bertone e quello della Rai. Saremo più di 300…».
A cena, a palazzo della Cancelleria, l’onorevole Paniz preferisce parlare della sua Juve con il presidente bianconero Andrea Agnelli e con l’allenatore Antonio Conte. A tratti qualcuno gli chiede qualcosa sulle manette ai giornalisti e lui non indietreggia: «La stampa non può godere di una zona franca. Chi sbaglia deve pagare…». A tavola c’è chi lo prende sul serio e chi, invece, ci scherza su, anche con una frecciata riferita alla fascia di capitano della nazionale di calcio dei parlamentari che Paniz indossa con orgoglio: «Come gioca Paniz? Si piazza al limite dell’area, aspetta il pallone e spesso è in fuorigioco», azzarda un giovane e irrispettoso collega.
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