Stretta sulle intercettazioni Probabile il voto di fiducia
ROMA — Giulia Bongiorno, con le sue dimissioni da relatore del ddl intercettazioni, manda in fumo il tentativo di evitare il voto di fiducia che da settimane era stato messo in campo dal governo e dal Pdl con un corteggiamento insistente nei confronti dell’Udc. E ora, saltata la possibilità di ottenere almeno dai centristi un atteggiamento non belligerante, la maggioranza si avvia verso l’ennesima prova di forza parlamentare, prevista già per la prossima settimana, quando ci sarà il voto finale su un testo che inasprirà ancora di più il «bavaglio» alla stampa in materia di pubblicazione degli atti di inchiesta. A questo punto l’opposizione è ricompattata e non a caso Antonio Di Pietro alza la voce e chiede al capo dello Stato di non promulgare la legge e di «inviare un messaggio alle Camere».
In realtà , la maggioranza ha voluto strafare. Perché non si è accontentata di portare casa — con l’astensione del terzo polo — l’accordo del 2010 (Alfano-Ghedini-Bongiorno) che indicava un punto di equilibrio, tra diritto alla privacy e diritto di cronaca, nella «pubblicazione per riassunto» delle intercettazioni depositate e quindi a conoscenza della difesa. I deputati Costa e Contento (Pdl), con il loro emendamento concordato con il ministro Palma e con l’avvocato Ghedini, hanno puntato più in alto ottenendo che il black out informativo duri almeno fino alla cosiddetta udienza filtro: quella in cui si scremano le intercettazioni rilevanti da quelle irrilevanti.
E ora, per usare le parole del centrista Roberto Rao, «il cammino diventa obbiettivamente più complesso». E infatti — nonostante l’apertura del vicepresidente del Csm, Michele Vietti, non ostile alla soluzione prospettata dal Pdl — adesso «l’Udc con l’emendamento Costa vota contro».
Dunque si riparte oggi alle 10 in Aula con il nuovo relatore Enrico Costa (Pdl) che illustrerà gli emendamenti del Pdl. Il governo ha dato parere favorevole anche a un emendamento di Manlio Contento (Pdl) che prevede il carcere da sei mesi a tre anni per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni irrilevanti: «Non ha senso non prevedere l’arresto anche per chi mette sui giornali ciò che, deciso da un giudice, non è rilevante ai fini del processo». Si voterà anche l’emendamento che prevede la competenza del gip e non del tribunale sull’udienza filtro. Il governo, invece è contrario alla proposta dell’opposizione di mantenere al gip (e non al tribunale collegiale, come è scritto nel testo) il compito di autorizzare le intercettazioni: con il paradosso che un singolo giudice potrà concedere un arresto mentre ce ne vorranno tre per far scattare i registratori.
Intanto, la commissione giustizia del Senato ha fissato per martedì e mercoledì prossimi il voto sul ddl sulla prescrizione breve: «È quella la vera partita del Pdl per bloccare il processo Mills in cui è imputato Berlusconi», avverte il senatore Felice Casson (Pd).
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