Morire per quattro euro l’ora

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 Sono morte per portare a casa una paga di meno di quattro euro l’ora. Dalle 8 alle 14 ore di lavoro al giorno, dipendeva da quanto commesse c’erano di sbrigare e da quanti capi di maglieria bisognava confezionare. E lavoravano in nero. E’ la storia delle quattro operaie morte lunedì nel crollo della palazzina di Barletta in cui si trovava il laboratorio in cui erano impiegate. Un crollo che ucciso anche la figlia quattordicenne dei titolari del maglificio. «Una sciagura inaccettabile», l’ha definita ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che della sicurezza sui luoghi di lavoro e della lotta al lavoro nero ha fatto uno dei punti forti del suo mandato. Il capo dello Stato ha chiesto anche che sulla tragedia venga fatta luce al più presto per individuare eventuali responsabilità .

Davanti all’obitorio dell’ospedale cittadino i parenti delle cinque vittime alternano dolore a rabbia per quanto accaduto. «Mia nipote aveva 33 anni e prendeva 3,95 euro all’ora, mia nuora 4 euro», racconta una donna. «Avevano ferie e tredicesima pagate, ma senza contratto. Quelle donne lavoravano per pagare affitti, mutui, benzina, per poter vivere, anzi sopravvivere».
Donne normali con vite normali portate avanti con forza per sbarcare il lunario. Le descrivono così i parenti assiepati davanti all’ingresso dell’obitorio. Qualcuno si sente male e viene portato via in ambulanza fino al pronto soccorso dell’ospedale. Succede anche al marito di Tina Ceci, 37 anni, una delle operaie morte.
Si accalcano i racconti. «Mia nipote è morta soffocata, era gonfia, aveva il collo e il viso di colore viola. Aveva il terrore negli occhi», racconta un’altra donna. Nell’obitorio ci sono anche i genitori di Maria Cinquepalmi, la più giovane delle vittime, 14 anni appena. Maria era la figlia dei proprietari del laboratorio ed era uscita da scuola un’ora prima per passare a trovarli nel maglificio di via Roma. Ieri i genitori erano anche loro lì all’obitorio, salvi per miracolo. Al momento del crollo erano usciti per recarsi in ospedale a trovare la madre dell’uomo che aveva subito un’operazione.
Sulla tragedia di lunedì mattina sono state aperte due inchieste dal pubblico ministero di Trani Giuseppe Maralfa. All’ipotesi di disastro doloso, avanzata subito dopo il crollo, ieri si è aggiunta anche quella omicidio plurimo colposo, al momento a carico di ignoti. Ma il magistrato dovrà  verificare anche le condizioni in cui si lavorava in quel laboratorio situato nel sotterraneo del palazzo venuto giù come una castello di carte. Polizia e carabinieri hanno passato l’intera giornata a raccogliere la documentazione relativa alle ispezioni compiute sull’edificio. Venerdì scorso i proprietari del palazzo si erano recati dai vigili del fuoco proprio per chiedere un sopralluogo che li tranquillizzasse sulla stabilità  dell’edificio. I lavori di messa in sicurezza sarebbero dovuti cominciare proprio ieri, ma sono stati preceduti dalla tragedia. Adesso gli inquirenti vogliono vederci chiaro sui risultati di quel sopralluogo. E nello stesso tempo la Guardia di finanza dovrà  raccogliere tutte le informazioni sul maglificio, su come lavoravano le operaie, contratti, salari. «Non mi sento di criminalizzare chi, in un momento di crisi come questo, viola la legge assicurando però lavoro, a patto che non si speculi sulla vita delle persone», ha detto il sindaco della cittadina, Nicola Maffei, per il quale «non esiste un caso Barletta».
Domani si svolgeranno i funerali delle cinque vittime. Ieri sera intanto nel Policlinico di Bari si sono svolte le autopsie sulle salme.E sempre ieri in comune si è svolta una riunione tecnica convocata dal sindaco Maffei per chiarire lo stato delle palazzine situate in via Roma prima che avvenisse il crollo di lunedì.
La morte delle quattro operaie di Barletta e della figlia dei titolari del laboratorio ha suscitato reazioni anche a livello nazionale. «L’assenza di sicurezza, il lavoro nero per pochi euro, i controlli che fanno acqua: troppe volte abbiamo dovuto assistere a tragedie come queste», ha detto Pierluigi Bersani. «Spetta naturalmente alla magistratura fare luce sulle responsabilità  – ha proseguito il segretario del Pd – ma bisogna che il nostro Paese ritrovi il senso delle priorità . La dignità  del lavoro e la sicurezza su lavoro sono elementi inalienabili di un Paese civile».
«Sgomento e costernazione» per la tragedia sono stati espressi anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini in un messaggio al prefetto di Barletta-Andria-Trani Carlo Sessa.


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