Strappo di Marchionne, lascia Confindustria

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MILANO — Sulla prima lettera il logo di Fiat e Chrysler. Sulla seconda quello di Fiat Industrial. Il contenuto è lo stesso: via da Confindustria. Il Lingotto esce. A partire dal primo gennaio 2012 le aziende del gruppo manterranno i legami con le Unioni territoriali cui appartengono. Ma niente più rappresentanza, a nessun livello, tanto meno nazionale: su relazioni sindacali e contratti a Torino faranno da soli.

Sergio Marchionne non dice mai, nel testo firmato il 30 settembre e arrivato ieri in Viale dell’Astronomia, di non sentirsi tutelato dall’associazione. Ma è questo il senso del testo inviato a Emma Marcegaglia. È qui che il divorzio, preannunciato da mesi, alla fine si consuma: su quei contratti aziendali che Torino premeva per avere e che in effetti sono poi arrivati. Sennonché, vista dal Lingotto, la storica riforma si è fermata un passo prima del traguardo. Troppa incertezza, secondo il leader di Fiat-Chrysler, dopo l’accordo interconfederale siglato il 21 settembre da Confindustria, Cgil, Cisl, Uil. Troppe polemiche, soprattutto, su quella norma (l’articolo 8 della manovra di agosto, voluto dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi) che alla riforma avrebbe dovuto dare efficacia di legge e che invece rischia di essere «snaturata». Proprio da una «postilla» dell’accordo interconfederale.

Sa che scatteranno subito le polemiche, Marchionne. Perciòche, nel giro di pochi minuti, da Torino arrivano altri due comunicati. Il primo conferma l’investimento a Mirafiori: lo stand-by finisce, il Lingotto comincerà  già  l’anno prossimo a installare i nuovi impianti che, dal 2013, produrranno intanto un suv a marchio Jeep (e poi altri modelli basati sulla «versione più aggiornata di una delle tre principali architetture» Fiat-Chrysler). Il secondo guarda a Sud: investimenti anche a Pratola Serra, in provincia di Avellino, per un nuovo motore Alfa.

Funzionano, gli annunci. Attenuano almeno un po’ l’impatto della conferma-choc sullo strappo da Confindustria. E non c’è solo Sacconi a commentare (prevedibilmente) così: «La notizia di oggi sono gli investimenti di una Fiat molto italiana». Pure Luigi Angeletti (Uil) evita il tema Viale dell’Astronomia e mette invece l’accento sui piani per suv e motori. E anche Raffaele Bonanni «apprezza» le novità  per i due stabilimenti. Lì, però, il numero uno Cisl si ferma. Non arriva alle accuse lanciate da Cgil e Fiom con Vincenzo Scudiere e Maurizio Landini («È una conferma, sì, ma del fatto che il Lingotto non vuole rispettare le regole»). A sua volta, tuttavia, una critica a Torino la rivolge. È la stessa di Marcegaglia: «Marchionne non può dire che esce perché l’accordo interconfederale è stato depotenziato. Non è vero».

Non convincerà  mai, chiaro, il leader di Fiat-Chrysler. La sua lettera all’associazione degli imprenditori parte, certo, con un riconoscimento: «Cara Emma, negli ultimi mesi, dopo anni di immobilismo, nel nostro Paese sono state prese due importanti decisioni con l’obiettivo di creare le condizioni per il rilancio». Il riferimento esplicito è all’accordo interconfederale del 28 giugno, «di cui Confindustria è stata promotrice», e «soprattutto» all’approvazione parlamentare «dell’articolo 8, che prevede importanti strumenti di flessibilità ». Non solo per Fiat: «Avrebbe permesso a tutte le imprese italiane condizioni meno sfavorevoli». Poi però sono arrivate le polemiche sulla «libertà  di licenziamento». Ed è arrivata, il 21 settembre, la firma definitiva dell’accordo interconfederale. Che di fatto — accusa Marchionne nella lettera a Marcegaglia — «rischia di snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge». Fiat però «è impegnata nella costruzione di un gruppo internazionale, non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze». Per queste ragioni, «che non sono politiche, ti confermo che Fiat e Fiat Industrial hanno deciso di uscire da Confindustria». Il quadro, d’ora in poi, sarà  «l’applicazione rigorosa delle nuove normative». Ovviamente «senza toccare alcun diritto dei lavoratori». Ma definitivamente fuori dal contratto nazionale.


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